La corda divide gli alpinisti Ma le guide alpine insorgono: fa parte della catena della sicurezza
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- Alto Adige
BOLZANO. Per Reinhold Messner, il re degli Ottomila, in montagna è meglio non legarsi di modo che «se uno cade non trascina giù gli altri». Per le guide alpine, invece, la corda è un elemento fondamentale della catena di sicurezza. Dopo i fatti del Nanga Parbat e del K2 della scorsa estate, è di nuovo bufera sulla montagna. Una tempesta fatta non di vento né di neve, ma di polemiche tra esperti sul modo più sicuro per affrontare le alte quote. A fare da detonatore della querelle – già scoppiata alcuni anni fa in seguito ad un incidente simile avvenuto sulla Tour Ronde – è la morte di quattro alpinisti piemontesi precipitati sabato scorso in un canalone sotto l’Aiguille du Midi, nel massiccio del Monte Bianco. Messner è lapidario: «Impariamo qualcosa da questi incidenti, è meglio non legarsi». Ribatte Guido Azzalea, presidente delle guide alpine valdostane, sostenendo che «consigliare di non legarsi è un messaggio assolutamente sbagliato e molto pericoloso; in montagna la corda fa parte della catena di sicurezza che ogni alpinista o professionista che abbia un briciolo di intelligenza deve adottare sistematicamente». Azzalea rincara ancora la dose: «Mi stupisco come un grande alpinista come Messner, che sa di essere ancora una figura di riferimento, possa fare delle affermazioni di questo genere che vanno contro tutte le regole del buon senso e della sicurezza in montagna». Lo scalatore altoatesino ha quindi aggiustato il tiro: «Non ho mai detto di non utilizzare la corda in montagna, ho semplicemente ricordato che una cordata di alpinisti deve assolutamente essere ancorata alla parete, altrimenti si rischia quello che è successo sul Monte Bianco. E’ illusorio credere di poter tenere con le proprie forze un compagno di cordata, un alpinista può trascinare con sé nel crepaccio anche cinque compagni se questi non sono ancorati». Secondo Agostino Da Polenza, ex alpinista e ora organizzatore di spedizioni, «la corda in montagna è un po’ come la cintura di sicurezza in auto: ti può salvare la vita ma anche, in casi rari, intrappolare pericolosamente nell’abitacolo». Comunque «dal punto di vista tecnico e statistico – aggiunge – è ormai dimostrato che l’uso della corda spesso salva la vita e quindi dà maggiori garanzie». Scriveva il celebre alpinista inglese Albert Frederick Mummery alla fine del XIX secolo: «Come regola generale, la corda è della massima utilità e, quando gli alpinisti non sono di eguale abilità ed esperienza, il suo uso costante è richiesto dagli innati sentimenti di solidarietà. Vi è, nondimeno, un pericolo se si guarda ad essa come una specie di provvidenza, sempre pronta a salvare i trascurati e gli incompetenti». Nel Manuale dell’alpinista di Giancarlo Corbellini (edizioni Piemme, 2002) si osserva invece che «la corda è anzitutto un legame, fisico e morale, tra i membri di una stessa cordata e costituisce l’elemento essenziale della sicurezza. Questo non significa che la corda risolva tutti i problemi: essa è un elemento di sicurezza quando è adoperata in modo conveniente. Non è raro vedere cordate che sarebbero in maggiore sicurezza se fossero slegate». Sulla questione è intervenuto anche il Codacons chiedendo l’estensione all’alpinismo della legge 363 del 2003 sulla sicurezza degli sport invernali (sci alpino e fondo). Targhe «esplicative» sugli ossari La giunta provinciale altoatesina ha approvato all’unanimità un testo da applicare davanti ai tre ossari di Burgusio, Colle Isarco e San Candido. «è giusto – così Durnwalder – spiegarne il significato ed evitare che vengano strumentalizzati ad uso politico, così come ha fatto il fascismo».
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