14 Gennaio 2010

La Cgil avverte: “Risposte rapide altrimenti si alzerà il livello dello scontro”

La Cgil avverte: «Risposte rapide altrimenti si alzerà il livello dello scontro»  

TORINO E ora tocca a Roma. Così chiede la Sicilia, schierata in difesa di Termini Imerese. Il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, al termine dell’ ennesima giornata di proteste e scioperi, forte di un mandato del «parlamentino» siciliano, approvato all’ unanimità, chiede la convocazione del Consiglio dei ministri: «La salvaguardia dell’ impianto è una questione nazionale». La questione è sempre quella: la sopravvivenza dello stabilimento Fiat di Termini e dei livelli occupazionali. Da una parte c’ è Sergio Marchionne, l’ ad del Lingotto, per il quale non è conveniente produrre auto in Sicilia e che ribadisce la decisione di smettere tale attività a fine 2011. Dall’ altra, ci sono gli operai, con l’ incubo di perdere il lavoro, e i sindacati, che si appellano alla politica perché s’ impegni a salvare l’ impianto. Un fronte, quest’ ultimo, che ieri si è ulteriormente allargato: il segretario nazionale del Codacons ha annunciato la costituzione di cento comitati di solidarietà ai lavoratori di Termini. «Lotteremo per sensibilizzare tutti gli italiani. Devono capire che il problema della chiusura di un impianto così importante non si abbatterà solamente sulle famiglie dei diretti licenziati, ma sull’ intera nazione, con effetti negativi per tutti in un periodo di forte recessione». Ieri le tute blu sono scese di nuovo in piazza. La produzione a Termini s’ è fermata per le otto ore di sciopero proclamate da Fiom, Fim e Uilm, i cui delegati hanno presidiato i cancelli della fabbrica. Un’ «adesione totale», dicono i sindacati, indotto compreso. «La risposta di Termini a Marchionne», secondo il responsabile della Fiom per il settore auto, Enzo Masini. Quindi, la protesta si è spostata in piazza del Parlamento a Palermo, dove s’ è riunita l’ assemblea regionale. Mille gli operai presenti, sempre secondo i rappresentanti sindacali, che hanno manifestato con striscioni, slogan e lancio di petardi. I cartelli: «Riconversione industriale=chiusura totale», «Marchionne e Scajola cumpari senza parola». Qualcuno ha anche issato una bara in polistirolo con la scritta Fiat. Il «no» alla chiusura è netto, chiaro. E corale. Si parla di «sopruso alla Sicilia» (Mineo, Pdl) e di «dignità calpestata» (Borsellino, Pd). C’ è chi, come Raul Russo, assessore Pdl del Comune di Palermo, propone ai siciliani un «embargo popolare» dei prodotti Fiat e altri che invitano il governo a sospendere l’ addizionale Irpef ai lavoratori in cassa e in mobilità (Lupo, Pd), ma anche – se chiusura sarà – a negare ogni incentivo al Lingotto. E Marchionne, a cedere la fabbrica per un euro alla Regione. E’ invocato, da più parti, l’ intervento di Roma: un tavolo di confronto azienda-sindacati-amministratori, un Consiglio dei ministri straordinario. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi fa sapere che l’ obiettivo del governo «è quello di garantire una continuità produttiva che riguardi non solo i lavoratori diretti della Fiat ma anche l’ indotto». Fim chiama alla mobilitazione e allo sciopero nazionale (sarà deciso oggi), la Cgil avverte: risposte rapide (Termini, ma anche Italtel), altrimenti il livello dello scontro si alzerà».

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