2 Settembre 2011

L’ infermiera con la tubercolosi A quota 96 i neonati risultati positivi

 
ROMASi sono conclusi dopo 12 giorni e 96 positività i test sui bambini nati al policlinico Gemelli tra gennaio e luglio 2011 e presumibilmente entrati in contatto con l’ infermiera malata di tubercolosi che lavorava nel nido del nosocomio, ed ora è ricoverata allo Spallanzani. In totale sono state effettuate 1.358 visite di cui sono pervenuti 1.128 risultati, con una media di casi positivi pari all’ 8,5%. La positività, come precisa l’ Unità di coordinamento della Regione Lazio, non significa comunque malattia, ma soltanto l’ avvenuto contatto con il bacillo. Per tutti i neonati ed i loro genitori è stata avviata la profilassi che evita il rischio di sviluppare la malattia a seguito dell’ avvenuto contatto con il micobatterio. La fase di monitoraggio, però, continuerà anche nei prossimi giorni: gli ambulatori delle tre strutture sanitarie coinvolte (San Camillo, Bambino Gesù e Gemelli) rimarranno aperti fino a sabato 3 settembre, con i test che proseguiranno fino al totale monitoraggio dei soggetti inclusi nel programma di sorveglianza e controllo. Dal 5 settembre invece rimarrà operativo solo l’ ambulatorio dedicato del Policlinico Gemelli per tutte le famiglie che per motivi personali hanno voluto posticipare l’ appuntamento per la visita. La governatrice Polverini dunque tira un sospiro di sollievo, dopo due settimane di tensione, ed elogia la tempestività dei controlli, paragonabile ad un solo caso avvenuto a New York nel 2003 «quando 613 neonati furono esposti al micobatterio della tbc – spiega – e solo 227 furono rintracciati e sottoposti al test, cioè il 37% dei bambini interessati. Nel nostro caso, invece, in 12 giorni i neonati sottoposti al test sono stati pari all’ 83% del totale». Ma la conclusione dei test non riesce a gettare acqua sul fuoco della polemica, che vede in prima linea il Codacons. Secondo l’ associazione di Carlo Rienzi, la causa principale della malattia dell’ infermiera è da rintracciarsi nel marito, anche lui infermiere e già malato di tubercolosi nel 2004. Secondo il Codacons l’ uomo avrebbe lavorato a Villa Speranza, una struttura collegata al Policlinico Gemelli che ha però prontamente smentito. «Il signor M.P., marito dell’ infermiera dipendente del policlinico Gemelli – si legge in una nota –, non ha mai avuto alcuni tipo di rapporto lavorativo con l’ hospice Villa Speranza». A conferma della nota arrivano anche le indagini del Nas, secondo le quali l’ uomo avrebbe lavorato per una Rsa privata. Ieri, intanto, è stato ascoltato dai militari anche il primario di neonatologia del Gemelli, ma «non sarebbe emerso alcun elemento rilevante». Oggi il Tar del Lazio ha convocato il Codacons e la Regione Lazio per un’ audizione chiesta tra le righe dall’ associazione.
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