L’ emergenza rifiuti c’ era ma non per il Comune
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fonte:
- Gazzetta del Sud
due anni fa il preoccupante allarme dell’ azienda sanitaria. richieste pure da regione e consiglio dei ministri
Stefania Marasco Non sapeva il Comune, così almeno avevano spiegato nel 2014, quando da più parti si chiedevano interventi. Si invocavano azioni per tamponare un’ emergenza che giaceva sulle strade sommerse da rifiuti e percolato e si chiedeva che quell’ emergenza non pesasse doppiamente sulle tasche dei cittadini. Appelli che da più parti tra il 2014 e il 2015 erano giunti all’ indirizzo di palazzo “Luigi Razza”. Da parte delle associazioni dei consumatori, Codacons Adoc che, dal 2013, seguivano il “caso” rifiuti nel capoluogo e in Aula da parte dei consiglieri del Pd che avevano presentato delle interrogazioni. Perché pagare la Tari a molti pareva una beffa, soprattutto visto che per quel servizio si chiede al cittadino una copertura del 100%, ma molti quella tassa l’ hanno pagata, perché il Comune non sapeva. Sic, se oggi la Commissione tributaria ha sciolto il dubbio sul diritto alla riduzione della Tari quando il servizio sia interrotto o svolto in violazione della norma, c’ è un altro nodo che resta e che viene fuori dalle carte che nei ricorsi sono approdate proprio davanti ai giudici della Commissione. Perché i contribuenti l’ hanno provato quel che accadde tra 2014 e 2015. L’ hanno provato attraverso le carte con diffide, provvedimenti e sollecitazioni della Regione, del Prefetto, dell’ Asp e della Presidenza del Consiglio dei ministri. Documenti che vengono passati in rassegna e riempiono quei vuoti che erano stati lasciati, considerato che da palazzo “Luigi Razza” allora spiegavano che nessuna certificazione esisteva sullo stato di emergenza. A domanda dell’ allora sindaco agli uffici per valutare un’ eventuale riduzione della Tari, infatti, gli uffici avevano fatto sapere di non essere «a conoscenza se ci sia stata da parte dell’ autorità sanitaria un riconoscimento di tale situazione di danno o pericolo alle persone o all’ ambiente» oltre che si muovevano dubbi sul fatto che «in considerazione del dissesto» si potessero «prevedere ulteriori riduzioni». E tutto ciò nonostante, come per legge è sufficiente, di note dell’ Asp ce ne erano diverse. Lo hanno documentato gli avvocati di Codacons e Adoc, Claudio Cricenti, Vincenzo Fogliaro e Paolo Fuduli. E tra le ultime note quella del maggio 2015 – che ribadiva un concetto reiterato da mesi – era emblematica. L’ Asp segnalava i rischi per i cittadini e sollecitava gli amministratori a dichiarare lo stato di emergenza. In particolare, il direttore del Dipartimento Prevenzione Asp, Cesare Pasqua, nel fare riferimento alla «situazione di emergenza determinata dal mancato rispetto della regolare cadenzialità delle operazioni di raccolta e conferimento in discarica dei rsu», sottolineava che risultava «indispensabile attivare ogni utile meccanismo per la risoluzione della criticità determinata dal deposito indiscriminato dei rifiuti nel tessuto urbano che rappresenta soltanto la manifestazione più evidente ed angosciante con conseguenti tensioni sociali di una problematica che sottende invece il rischio di gravi ripercussioni igienico-sanitarie ed ambientali» e ritenendo «che la attuale condizione di gravità deve essere fronteggiata con l’ utilizzo di azioni straordinarie» sollecitava il sindaco «a dichiarare lo stato di emergenza in materia di gestione dei rifiuti». Questa solo una tra le ultime lettere, così come i mittenti erano stati diversi. Per un’ emergenza vissuta nelle strade, pagata dai cittadini ma lasciata nei cassetti da palazzo “Luigi Razza”. Lì tra le stanze, dove nessuno sapeva.
stefania marasco
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