Kiev, il gas russo non arriva più A rischio le forniture europee
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fonte:
- Liberazione
Berlino Non ce n’è più per nessuno. Dopo il taglio, martedì, del 78% delle forniture di gas russo diretto all’Europa, dai gasdotti che attraverso l’Ucraina ieri non è passato più nemmeno un metro cubo di gas. Colpa di Mosca, accusa il monopolista ucraino Naftogaz. Colpa di Kiev, ribatte Gazprom, che dal primo gennaio ha già rubato più di 86 milioni di metri cubi di gas diretti all’Europa. Quel che accade veramente in territorio ucraino e, ancor prima della frontiera, in Russia, è oggi impossibile da verificare. Gazprom ha confermato di aver ulteriormente ridotto il pompaggio a 21 milioni di metri cubi – contro i 300 milioni abituali, che soddisfano l’80% del fabbisogno di gas europeo -, ma non di aver bloccato il sistema. Il vicepresidente di Gazprom Alexander Medvedev ha persino avvertito dei problemi tecnici che potrebbero verificarsi con un blocco totale in condizioni meteorologiche sfavorevoli. Sarebbe stata anzi l’Ucraina ad aver chiuso i rubinetti per recuperare il gas per i clienti nazionali. «Noi non possiamo chiudere nulla», hanno risposto da Naftogaz, «è tecnicamente impossibile», solo la Russia è responsabile dell’interruzione. Potranno forse fare chiarezza sul mistero del gas scomparso i tecnici della missione di osservatori internazionali proposta dal neopresidente di turno dell’Ue, il premier ceco Mirek Topolanek, accettata ieri in linea di principio da entrambi i contendenti. I termini della missione saranno definiti oggi in un incontro a Bruxelles, a cui parteciperanno i vertici di Gazprom e Naftogaz, oltre ai rappresentanti della Commissione europea. Sempre oggi, dopo un giorno di "tregua" per il natale ortodosso, riprenderanno anche le trattative dirette tra Russia e Ucraina, a Mosca. Sono 18 i paesi che scontano la crisi, non tutti con la stessa intensità. Gravissima la situazione in Slovacchia, Macedonia, Bosnia e Bulgaria, che dipendono per il 100% dal gas russo e hanno scarse o nessuna riserva. Pesante la situazione in molti altri paesi dell’est Europa, mentre la situazione si aggraverà nei prossimi giorni in Germania, Austria, Grecia e Italia. Oggi a Roma, nella riunione del comitato d’emergenza sul gas presieduta dal ministro dello Sviluppo Economico Scajola, il governo cercherà di capire come rispondere alla crisi, dopo aver già disposto la massimizzazione delle importazioni dagli altri paesi – che già soddisfano più dell’80% del fabbisogno italiano. Ci sono scorte per «alcune settimane», confermano fonti governative. Nella discussione è intervenuto anche il Codacons, criticando la situazione di monopolio del mercato del gas italiano, controllato dall’Eni, e invocando l’aumento dei paesi fornitori, migliori condizioni per gli utenti e lo sviluppo di fonti di energia alternative per limitare la dipendenza dall’estero. Il calo della produzione industriale dovuto alla crisi economica internazionale sta comunque tornando utile, contenendo la domanda energetica. Gazprom ha reso noto che, attraverso canali alternativi, la Russia riesce comunque a pompare meno della metà del gas richiesto dal mercato. E che la produzione ancora non è stata interrotta. Ieri il presidente della Commissione Barroso, dopo aver definito «inaccettabile» la situazione di «ostaggio» del gas europeo, ha minacciato una seria caduta di credibilità dei due contendenti nei confronti dell’Ue. Che spaventa più la debole leadership filo-occidentale del presidente ucraino Yushchenko – incalzato dalla premier Timoshenko e da una severa crisi economica – che non il solido duo Putin-Medvedev. A difesa dell’alleato Yushchenko sono intervenuti però gli Stati Uniti. «Una Russia che continua a minacciare i suoi vicini e manipola l’accesso all’energia compromette l’aspirazione a una maggiore influenza globale», ha detto il portavoce del Dipartimento di stato Robert Wood. La partita va oltre lo scontro sulle condizioni economiche per il transito e il consumo di gas che la Russia sta trattando con l’Ucraina. Lo conferma l’incomprensibile balletto di cifre sulle offerte reciproche. In ballo c’è il ruolo di Kiev, tirata dagli Usa da una parte e dalla Russia dall’altra, con l’Ue in mezzo. C’è la spinta per la costruzione dei nuovi gasdotti south e north stream – che porteranno il gas russo all’Europa bypassando i paesi esteuropei. C’è la definizione del ruolo di guida che Mosca intende assumere nel nuovo cartello dei produttori di gas. E c’è la ricerca di un equilibrio ancora tutto da definire tra Bruxelles e Mosca. La crisi assume un forte valore d’immagine per il potere russo. Chi ha potuto vedere l’incontro inscenato per i media tra il premier-padrone Putin e il presidente di Gazprom Alexei Miller sa di cosa sto scrivendo. Giornalisti che parlottano prima dell’ingresso del presidente di fronte alle telecamere. Putin entra, passo sicuro, sguardo severo. Una stretta di mano e poi seduti. Miller presenta la situazione, Putin lo ascolta con l’aria preoccupata di chi sa cosa c’è da fare, in una rincorsa serrata di campi e controcampi. «Avremmo pensato di tagliare le forniture che passano per l’Ucraina», dice alla fine Miller a voce bassa. Controcampo su Putin, che pensa, due secondi. «Va bene, permesso accordato».
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