Italia, cala la produzione industriale a ottobre. Ftse Mib a rischio nuovi cali. Ecco i titoli da preferire
-
fonte:
- Investire Oggi
Istat stima che a ottobre 2021 l’indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca dello 0,6% rispetto a settembre. Nella media del trimestre agosto-ottobre il livello della produzione cresce dello 0,6% rispetto al trimestre precedente. La produzione di ottobre è comunque superiore dello 0,7% destagionalizzato rispetto al valore del febbraio 2020, l’ultimo mese prima della crisi legata alla diffusione del Covid-19.
L’indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per l’energia (+2,3%), mentre diminuisce per i beni intermedi (-0,8%), i beni di consumo (-0,9%) e i beni strumentali (-1,4%).
Al netto degli effetti di calendario, a ottobre 2021 la produzione aumenta su base annua del 2,0% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 21 contro i 22 di ottobre 2020) a fronte di attese di crescita del 3,3% dopo il 4,5% di settembre (il dato è stato rivisto dal precedente +4,4%). Si registrano incrementi tendenziali per i beni intermedi (+3,4%), i beni di consumo (+2,7%) e l’energia (+1,8%); diminuiscono lievemente i beni strumentali (-0,1%).
Il calo dei beni durevoli e dei beni di consumo preoccupano sia l’Unione nazionale consumatori sia il Codacons. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, evidenzia che i beni di consumo “segnano una caduta sia su febbraio che su gennaio 2020, rispettivamente -0,3% e -2,7%. Se a questo si aggiunge che, a causa della difficoltà di reperimento di alcune materie prime e del caro bollette di luce e gas, nei prossimi mesi non ci si attende nulla di buono, ecco che il quadro assume tinte fosche”.
Il timore di Carlo Rienzi, presidente del Codacons, è che “nei prossimi mesi il comparto industriale possa andare incontro a una brusca frenata, anche per effetto dei minori consumi da parte delle famiglie che, a fronte della sostenuta crescita dell’inflazione, taglieranno la spesa.
Ci aspettiamo dal governo un intervento urgente ed efficace per sostenere il comparto industriale, contrastando la crescita dei prezzi al dettaglio e salvando le tasche delle famiglie dall’emergenza bollette”.
Il calo della produzione di ottobre non è l’unico campanello di allarme che si è sentito in questi giorni. ?Giovedì è stato comunicato il leading indicator Ocse riferito all’Italia e dal suo andamento emerge il timore che questo indice potrebbe aver raggiunto il suo picco delle prospettive di crescita. A novembre l’indice “composito”, che anticipa le tendenze economiche in un orizzonte di 6-9 mesi, è infatti sceso a 101,7 da 101,8 di ottobre.
C’è però da dire che recentemente l’Ocse aveva ipotizzato dei numeri incoraggianti per la crescita italiana. Il Pil del 2021 è infatti visto al +6,3% dal 5,9% stimato a settembre e sopra il 6% indicato dal governo nella Nota di aggiornamento al Def. Anche dai numeri Istat risulta che la crescita acquisita per il 2021 supera il 6%, con il terzo trimestre al +2,6%. La stessa Istat tuttavia prevede una riduzione della velocità di espansione nel prossimo biennio, con una crescita del 4,6% e del 2,6% rispettivamente nel 2022 e nel 2023.
Cosa potrebbe andare storto, e non solo per l’Italia? L’inciampo che viene in mente è sicuramente l’effetto della variante Omicron sulla capacità degli Stati, in particolare in Europa, di evitare nuove chiusure. Da noi è quasi certo che lo stato di emergenza legato al Covid verrà esteso oltre la scadenza del 31 dicembre, probabilmente fino a marzo a ad aprile.
Ma l’Ocse ci ricorda che anche l’inflazione è un problema da non sottovalutare: nel G20, la previsione per il 2022 è passata dal 3,9% di settembre al 4,4%. Ecco che le banche centrali potrebbero decidere di velocizzare il termine delle misure straordinarie adottate per contenere i danni della pandemia, ed iniziare ad alzare i tassi di interesse già nel 2022.
Nel frattempo il Ftse Mib come si comporta? Per adesso il rimbalzo visto dal minimo del 30 novembre non è riuscito a scardinare la resistenza di area 27100 (61,8% di ritracciamento del ribasso dal top di metà novembre), ostacolo che i prezzi dovranno lasciarsi alle spalle in modo netto per segnalare la volontà di tornare sui massimi di novembre a 27801 punti.
Il rischio che il rimbalzo visto dai minimi del 30 novembre sia solo una fase intermedia nell’ambito di una correzione più complessa, alla quale mancherebbe ancora tutta una fase ribassista per completarsi, è elevato.
Sotto area 26500 inizierebbero a emergere pesanti indizi in favore della ripresa del downtrend, alla violazione di 25350, media mobile esponenziale a 200 giorni, i prezzi potrebbero poi procedere alla ricopertura del gap rialzista del 22 luglio con base a 24682 punti.
In questo momento, nell’ambito dei titoli per paniere Ftse Mib, quelli che secondo l’approccio media/varianza, o rendimento pesato per il rischio, si presentano come i più interessanti sono, in ordine decrescente di rapporto media/varianza, Unicredit, Pirelli, Campari, Ferrari, Stm e Inwit.
Nella parte bassa della classifica, da approcciare in questa fase con maggiore cautela, si trovano Leonardo, Buzzi Unicem, Enel, Saipem, Intesa Sanpaolo e Nexi. I titoli con un valore basso di media varianza potrebbero anche rappresentare delle opportunità interessanti di investimento, spesso dopo una fase negativa si realizzano infatti rimbalzi, ma prudentemente attendere indizi di un ritorno di forza prima di prenderli in considerazione.
-
Sezioni:
- Rassegna Stampa
-
Aree Tematiche:
- ECONOMIA & FINANZA