5 Giugno 2020

«Il tifoso va rimborsato Possibili le class action»

di Pietro Guadagno MILANO Il Codacons contro il Governo. E gli abbonamenti al campionato di calcio sono solo una parte, anche piccola, di un problema decisamente più ampio, che coinvolge lo sport, ma anche il turismo e lo spettacolo. Tutta colpa del Decreto Italia che consente di rilasciare un semplice voucher, invece di restituire il denaro speso per una tessera stagionale, anche per la palestra o per il teatro, o per un biglietto di un concerto. «E’ stata una decisione frettolosa, presa senza un’ adeguata rifl essione. Inoltre, all’ interno del Decreto, sono stati inseriti una serie di cavilli che possono limitarne parzialmente l’ effi cacia», afferma l’ avvocato Marco Donzelli, presidente del Codacons. TROPPE CONDIZIONI. Già perché quei fantomatici voucher, tanto per cominciare possono essere utilizzati entro un anno. E se, restando in ambito calcistico, il prossimo campionato dovesse ripartire ancora con le porte chiuse o solo parzialmente aperte? «Appunto, non viene preso in considerazione che, trascorso del tempo, possono venire meno le condizioni per cui un tifoso ha scelto di abbonarsi – prosegue Donzelli -. Almeno fossero state inserite meno limitazioni. Ad esempio, allungare a 3 anni la possibilità di utilizzo del voucher, o consentirne la cessione ad un’ altra persona, oppure ancora permettere l’ acquisto anche di altri beni, come il merchandising del club. A me pare che, in questo modo, si voglia far pagare al consumatore una parte delle perdite a cui sono andate o andranno incontro le società». CODICE DEL CONSUMO. Alcune di queste, almeno la metà di quella serie A, hanno anche inserito nei contratti di sottoscrizione degli abbonamenti una clausola che esclude il diritto al rimborso. «Come già dichiarato in passato, qui siamo davanti a clausole vessatorie – insiste il numero uno del Codacons -. E, in ogni caso, non potrebbe essere nem Accessi cadenzati e dispositivi sanitari: viene tutto tracciato con un braccialetto meno questo l’ ambito di applicazione: semmai sono, legate ad altri fattori, come le intemperanze del pubblico a cui segue un provvedimento delle autorità. Per rimanere in campo giuridico, l’ abbonamento al campionato non può che essere regolamentato dal codice del consumo. Non si possono fare distinzioni tra settori e lo sport non è da considerare diverso dagli altri». SOLO L’ ITALIA. Peraltro, il nostro Paese ha anche subìto dei richiami in questo senso. «Sì, innanzitutto dall’ Unione Europea e poi anche dall’ Antitrust – racconta Donzelli -. E l’ indicazione è stata appunto quella di attenersi al codice del consumo, che prevede il risarcimento del consumatore, nel momento in cui la prestazione non viene corrisposta. In questo caso, ci sono migliaia di tifosi che hanno acquistato il dritto ad assistere dal vivo ad un tot numero di partite. Poi il Governo, giustamente, ha stabilito di chiudere gli stadi. E’ lecito so tita. La via digitale può essere la chiave per un calcio vissuto in sicurezza e di nuovo insieme. «Sono stati utilizzati e mutuati i protocolli di altre location e attività, come ristorazione, cinema, teatri. Il calcio è simile ed è giu stenere che non sia responsabilità dei club, ma questo non significa che il peso di questi mancati guadagni finisca a carico delle tasche dei consumatori». CLASS ACTION. Codacons, intanto, si è già mossa. «Innanzitutto, io mi aspetto che il Governo non possa fare spallucce davanti richiami della Ue e dell’ Authority: qualcosa dovrà essere corretto in quel Decreto – conclude Donzelli -. Per il resto, stiamo raccogliendo le segnalazioni dei consumatori. Ne arrivano di tutti i generi e in continuazione. Le prime lettere di contestazione sono già partite. Abbiamo un elenco di nominativi, più avanti valuteremo come procedere. Nel senso che ognuno potrà andare avanti per conto proprio, ma non sono da escludere class action. Tanto più che le cifre in gioco sono considerevoli. Basti pensare a quanto ha speso una famiglia che ha sottoscritto un abbonamento per 2 o 3 persone…». in Senato al Ministro Spadafora, avevamo espresso il nostro forte convincimento che, dati alla mano, dal punto di vista sanitario fosse possibile riprendere il campionato di serie A sia pure con tutti gli accorgimenti del caso. In quella occasione, avevamo anche insistito affi nché le condizioni dettate dal Governo non fossero tali da rendere impossibile il loro rispetto. Alla fine è arrivato il via libera del Ministro e anche le istituzioni sportive, a cui a nostro avviso spettava la decisione defi nitiva, hanno dato l’ ok e stabilito il calendario. Partire subito con la Coppa Italia è forse un azzardo sportivo ma va bene lo stesso. Quello che invece mi sembra il punto da aff rontare è la questione delle partite a porte chiuse. E’ pacifico che il calcio solo televisivo, senza pubblico, senza tifosi, senza cori perde in buona parte la sua natura e il suo fascino. Finché il rischio del contagio è rimasto alto nessuno ha messo in discussione che non si potesse giocare a spalti pieni. Ma la curva attuale del Covid-19, dal Nord al Sud, è ormai in fase fortemente decrescente. Persino in Lombardia da settimane ci dicono, non vi è più alcun ricovero in terapia intensiva e ieri, in tutto il Lazio si sono registrati solo 5 nuovi contagi (sembra non gravi). Quel che più conta è che dal 15 giugno è prevista la riapertura, al chiuso, a posti ridotti, di cinema e teatri. Non si capisce quale sia la ragione per cui, invece negli stadi, che sono all’ aperto, non si possa accedere sia pure a numero limitato. Proporrò con una interrogazione parlamentare che si autorizzi l’ accesso limitatamente al 33% dei posti a sedere negli stadi di serie A iniziando principalmente con gli abbonati e assicurandosi che vi sia per ogni spettatore un posto vuoto sia a destra che a sinistra. Sarà poi l’ evoluzione generale della situazione sanitaria a consentire ulteriori presenze o, nella peggiore delle ipotesi, a farci ricredere. Caro direttore, Sono certo che le posizioni a favore di questa richiesta di realismo e di buon senso si moltiplicheranno. Come si potrebbe altrimenti spiegare il via libera a cinema e teatri al chiuso e il totale lockdown per gli stadi? Ignazio La Russa.

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