Il software appartiene all’ Ulss No al ricorso dei medici del Serd
«La realizzazione dell’ idea è stata affidata dall’ Ulss 20 a una società informatica (Ciditech) perchè sviluppasse il programma, dopo che il Ministero della Sanità aveva assegnato i fondi alla Regione Veneto». È uno dei passaggi della sentenza con la quale il Tribunale di Venezia – Sezione specializzata in materia d’ impresa – ha rigettato le domande proposte da Giovanni Serpelloni, Maurizio Gomma e Oliviero Bosco oltre che da Codacons, volte «ad accertare e dichiarare il diritto di paternità e di utilizzazione economica del software Mfp» in capo ai tre medici e la conseguente legittimazione di Codacons (alla quale loro tre cedettero i diritti nel 2014 con una apposita convenzione) a gestire la piattaforma. L’ indagine del pm Paolo Sachar partì proprio dalla lettera firmata da sei medici nel dicembre 2013 e spedita a Ciditech nella quale si chiedeva il pagamento di 100mila euro per «aver contribuito alla elaborazione della piattaforma informatica denominata Mfp». Ma di questa vicenda il collegio Sperandio si occuperà in marzo.In questa causa civile, invece, se da un lato gli attori «hanno dedotto che il software è stato realizzato a partire da una loro idea e che hanno deciso di darle vita affidando lo sviluppo ad una società di programmazione» dall’ altra il tribunale presieduto da Liliana Guzzo ha sottolineato che «è noto che la creatività tutelabile dalla legge sul diritto d’ autore non è costituita dall’ idea in sé ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività». La stessa idea può essere quindi alla base di «diverse opere che sono diverse per la creatività che ciascuno degli autori spende e che rileva per l’ ottenimento della protezione». E per realizzare quell’ idea «è stato necessario l’ intervento della Ciditech, Daniele Gibbin e Corrado Bettero».Insomma, il Tribunale chiamato a decidere se la proprietà intellettuale della piattaforma che dal 2000 è a disposizione del Servizio per le Dipendenze appartenga ai medici «che fornirono le informazioni per la compilazione dei codici costituenti il software», ha ribadito che «il diritto d’ autore tutela il modo in cui l’ idea viene espressa purchè connotato da un atto creativo riferito alla concretizzazione personale della forma espressiva dell’ opera».La Regione all’ epoca affidò all’ Ulss scaligera il compito di creare un «protocollo esportabile in tutte le regioni italiane per migliorare i trattamenti delle persone affette da dipendenze». E la sentenza prosegue evidenziando i ruoli: «al dottor Serpelloni venne assegnata la qualifica di responsabile tecnico-scientifico e di coordinamento mentre la parte tecnico informatica venne affidata a tecnici esterni specializzati nel settore». Il medico sottoscrisse i contratti e nel 2000, in occasione di quello Ulss e Bettero (Ciditech) si diede atto «che il software sviluppato sarà di proprietà dell’ Ulss 20/Regione Veneto».È stato escluso anche che quanto fornito da loro possa essere considerato «materiale preparatorio», il tribunale riconosce «protezione al software nelle componenti materiali di codice sorgente» e stabilisce che sono esclusi dalla tutela «i materiali che contengono solo l’ analisi del programma o la parte che attiene alla individuazione delle esigenze dell’ utenza».I tre medici e Codacons sono stati condannati a rifondere le spese a favore di Ulss (10.343 euro), Regione Veneto (10.343 euro), Regione Sardegna (9.200 euro) e Ciditech (10.343 euro).
fabiana marcolini
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