Il Rinascimento di Milano Super mostre e musei pieni
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- Libero
al 2014. E in autunno arriveranno Rubens e Basquiat. L’ esempio di
Brera MODELLO VINCENTE
TOMMASO LABRANCA Milano rinasce. Continuiamo a sentire questa espressione da qualche anno. La città torna a essere un punto di riferimento. Il «modello Milano» viene indicato come esempio da seguire in vari settori, dall’ economia alla politica e all’ organizzazione degli eventi. Il merito è di tanti fattori concomitanti. Tra questi ce n’ è uno, fondamentale, di cui non si parla abbastanza: i milanesi hanno ricominciato ad apprezzare la città in cui vivono. Il rinascimento milanese è una questione concreta, tangibile, condivisa e alimentata dagli stessi cittadini. È una realtà che si vede nello skyline rivoluzionato e si legge in una serie di dati importanti che riguardano il numero di visitatori dei musei civici. Dati appena diffusi nel corso della conferenza Icom, l’ associazione mondiale dei musei e dei professionisti museali, ospitata proprio a Milano. Sono numeri incredibili e inattesi, soprattutto quelli milanesi. I dati del 2015 avevano segnato un aumento del 20% rispetto a quelli del 2014. Potrebbe essere facile capire il perché: il 2015 è stato l’ anno di Expo, quindi chi era arrivato in città per passeggiare sul Decumano ne avrà approfittato anche per vedersi un paio di mostre. Se la spiegazione fosse questa, non si capisce come mai i 668.115 visitatori dei musei civici nel primo semestre del 2015 sono diventati 769.342 nei primi sei mesi del 2016, con un incremento ancora una volta del 20%. Eppure Foody dorme nel paradiso delle mascotte e a Rho Pero c’ è uno sterrato. Sarà nato un interesse sincero verso il patrimonio artistico della città e verso le mostre organizzate dai musei civici? Certo le esposizioni con i nomi di più facile presa sul pubblico non specializzato sono ancora ai primi posti. Trionfano Chagall (344.000 presenze) e l’ ennesimo Van Gogh (L’ uomo e la terra ha richiamato 340.000 visitatori). Ma in classifica entrano anche nomi meno scontati, come Segantini, le cui opere hanno richiamato 195.000 persone. Mentre la mostra scintillante e raffinata su Giotto ha staccato 190.000 biglietti, una cifra importante visto che l’ esposizione era di dimensioni contenute e non di facile presa. Numeri accolti con entusiasmo da politici nazionali e locali. Risultati che mostrano una nuova mentalità del pubblico e che vanno capiti con una mentalità altrettanto nuova. Si resta colpiti quando si legge il commento di Marco Maria Donzelli, presidente del Codacons, che parla di «una comunità che si stacca sempre più dalla dipendenza creata dalla tv per tornare a riscoprire la bellezza e le ricchezze culturali del nostro Paese». Parole già scadute, che sarebbero andate bene fino a un decennio fa. Oggi non ha più senso mettere a confronto tv e arte. La televisione generalista e ipnotizzante è morta o sopravvive in fasce d’ età avanzata e in aree ben precise del Paese (dove, guarda caso, l’ offerta culturale è stantia o pari a zero), si è atomizzata in un nugolo di canali digitali e specializzati che spesso parlano di arte. Guardiamo invece la realtà dei fatti, osserviamo come l’ offerta culturale abbia smesso di abitare sopra le nuvole per venire incontro ai suoi fruitori. Esemplare è il caso della Pinacoteca di Brera, dove il fantasmagorico James Bradburne sta mantenendo ciò che ha promesso, dalle panchine ai nuovi allestimenti che hanno un confortevole sapore cosy, diverso dalle esposizioni pompier di stile francese cui eravamo abituati. Poi le idee brillanti, come i “dialoghi” tra quadri affini. Il secondo di questi dialoghi, tra il Cristo Morto del Mantegna e quello del Carracci, è un ulteriore passo nella trasformazione dell’ esperienza museale che da visita distratta diventa momento di studio alla portata di tutti. E per tutta l’ estate, dalle 18 alle 22 del giovedì, sarà possibile visitare la Pinacoteca a solo 2 euro. Il futuro poi promette bene, almeno stando alla lista di esposizioni che potremo visitare a Milano dall’ autunno in poi. Qualcuna è già aperta e fa piacere che non siano scelte scontate: Escher e Isgrò a Palazzo Reale. Lo stesso Palazzo Reale sta per sparare ottime cartucce come Rubens (da ottobre), Dürer e Caravaggio (entrambi nel 2017) e darà spazio alla di solito bistratta scultura con Arnaldo Pomodoro a novembre. Il Mudec a ottobre punterà su un affascinante contemporaneo, Basquiat, e nel 2018 su una delle pittrici più amate, Frida Kahlo. Insomma, Milano resterà ancora a lungo the place to be. riproduzione riservata «Su Vitebsk» (1914), olio su tela di Marc Chagall e un’ opera di Maurits Cornelis Escher. Capolavori visti da moltissimi milanesi «Mezzogiorno sulle Alpi» (1891) di Giovanni Segantini «Su Vitebsk» (1914), olio su tela di Marc Chagall e un’ opera di Maurits Cornelis Escher. Capolavori visti da moltissimi milanesi «Mezzogiorno sulle Alpi» (1891) di Giovanni Segantini «Su Vitebsk» (1914), olio su tela di Marc Chagall e un’ opera di Maurits Cornelis Escher. Capolavori visti da moltissimi milanesi «Mezzogiorno sulle Alpi» (1891) di Giovanni Segantini.
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