Il processo Norman resta qui E in Grecia c’è già un verdetto
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fonte:
- La Gazzetta del Mezzogiorno
Mentre il Tribunale di Bari, respingendo le ennesime eccezioni presentate sul punto dalle difese, stabilisce una volta per tutte la propria competenza territoriale a giudicare sul disastro del Norman Atlantic, un Tribunale greco si porta avanti con il lavoro, condannando cinque imputati, loro volta a giudizio anche in Italia. Insomma, un processo non come gli altri, con tanti risvolti internazionali, con numerose vittime, imputati e parti civili; che segue indagini necessariamente lunghe e difficili, e un incidente probatorio travagliato e a sua volta complesso; che ora deve anche tenere conto delle disposizioni anti Covid, finalmente entra nel vivo. Ma già si profilano, in astratto, possibili ripercussioni con la sentenza greca emessa a fine gennaio. Qualora il verdetto ellenico dovesse diventare definitivo, infatti, potrebbe essere sollevato rispetto al processo italiano il principio del «ne bis in idem», il divieto di es- giudicati due volte per lo stesso reato. Il criterio che attrae la competenza a Bari, un dato che la Procura aveva sin da subito individuato nella gelida notte del disastro, tra il 27 e il 28 dicembre 2014, con il natante in balia delle onde e i soccorsi in atto, è il luogo dell’iscrizione nel registro navale. Complice un procedimento penale di per sé complesso e che per vicende così complesse certo non aiuta, è stato possibile ribadire e fissare questo dato una volta per tutte solo ieri con la lunga, articolata e motivata ordinanza emessa dalla seconda sezione penale del Tribunale di Bari (presidente Marco Guida, giudici Marilisa Moretti e Valentina Tripaldi). Il Collegio ha rigettato le eccezioni preliminari sulla incompetenza territoriale sollevate dalle difese degli imputati, che chiedevano di trasferire il processo a Brindisi (dove la nave approdò come primo porto), a Rovigo (dove ha sede la società proprietaria del traghetto, la Visemar) o fuori dall’Italia essendo il fatto avvenuto al largo delle coste albanesi. L’udienza si è celebrata con le parti collegate da remoto con il collegio dei giudici. La prossima udienza, invece, si terrà in presenza nell’aula bunker di Bitonto il 24 marzo e ci saranno le richieste istruttorie anche se con l’incidente probatorio, acquisizione delle prove in contraddittorio durante le indagini, il più è fatto. Nella una lunga e motivata ordinanza, il Tribunale ha rigettato anche le eccezioni sulla inutilizzabilità dell’incidente probatorio nei confronti degli imputati che sono stati coinvolti nel procedimento dopo la perizia, sulla «litispendenza comunitaria», cioè proprio l’esistenza di un altro processo sugli stessi fatti concluso in Grecia, dove ha sede la società noleggiatrice della nave naufragata, la Anek Lines e quella sul rinvio pregiudiziale alla Corte europea per la mancata traduzione in greco di alcuni atti. giudici si sono riservati di decidere sulla revoca ell’ordinanza che aveva escluso la Visemar come responsabile civile. traghetto partito da Igoumenitsa e diretto ad Ancona, naufragò al largo delle coste albanesi con un mare in tempesta. Morirono 31 persone, 64 i passeggeri feriti. Nel processo sono imputate 32 persone: l’armatore Carlo Visentini, due legali rappresentanti della Anek Lines, il comandante Argilio Giacomazzi e 26 membri dell’equipaggio oltre alle due società. Agli imputati i pm Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano che hanno coordinato le indagini della Capitaneria di Porto, contestano, vario titolo, reati di cooperazione colposa in naufragio, omicidio colposo e lesioni colpose plurime oltre a numerose violazioni sulla sicurezza e al codice della navigazione. Parti civili sono i ministeri dell’Ambiente della Difesa e degli Interni, le associazioni Codacons, Confconsumatori e Anmil e circa 70 familiari di vittime e superstiti. Stando alle indagini, l’origine delle fiamme fu un camion frigo lasciato con motore acceso, perché non c’erano abbastanza prese di corrente. Ma una serie di negligenze e successivi errori (impianto antincendio inidoneo e attivato sul ponte sbagliato, allarme dato in ritardo) avrebbe poi consentito al rogo di propagarsi nella nave fino a diventare indomabile. Nel mirino della magistratura barese, sono finite anche le fasi dell’evacuazione con scialuppe calate senza che i ponteggi fossero messi in sicurezza, causando così – secondo quanto accertato – la caduta in mare e la morte di alcuni passeggeri. Tutto ciò che accadde nelle concitate fasi di evacuazione, insomma, potrebbe avere causato la morte di morti passeggeri. tutti a bordo fossero stati formati e avessero fatto ciò che era previsto facessero in caso di emergenza, è l’ipotesi il bilancio sarebbe stato meno tragico.
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