10 Marzo 2009

Il pestaggio allo stadio: Chiarla due ore dalla polizia

 Appena dimesso dall’ospedale, il presidente del Codacons è stato sentito dalla Mobile per far luce sull’aggressione

É durato più di due ore, ieri, il secondo confronto tra il presidente provinciale del Codacons, Pierluigi Chiarla, e gli uomini della seconda sezione della Squadra mobile della Questura. Dimesso dall’ospedale civile quattro giorni dopo il suo ritrovamento, ferito e in stato confusionale, nel parcheggio dello stadio Friuli, Chiarla si è recato immediatamente negli uffici di viale Venezia, per rispondere alle domande degli investigatori e cercare così di fare chiarezza sull’episodio. Un episodio ancora pieno di punti interrogativi. A cominciare dalla ricostruzione stessa di quelle 27 ore di assenza di Chiarla da casa.  Dopo il racconto reso dal letto del reparto di Medicina d’urgenza nelle ore immediatamente successive al suo ricovero, il presidente del Codacons di Udine ha nuovamente ripercorso davanti agli inquirenti le fasi di quello che l’avvocato (e presidente regionale del coordinamento) Vitto Claut ha denunciato come un vero e proprio sequestro di persona. Arrivato in Questura verso le 17, nelle due serratissime ore di colloquio con gli inquirenti (era presente anche il capo della Mobile, Ezio Gaetano) Chiarla ha fornito una versione molto più chiara e dettagliata rispetto a quella abbozzata subito dopo il suo ritrovamento, quando lo stato di choc e le cattive condizioni fisiche non gli permettevano ancora di mettere perfettamente a fuoco quanto avvenuto. Tra i ricordi più nitidi, Chiarla ha ribadito il momento in cui i suoi sconosciuti aggressori lo hanno scaricato dall’automobile sulla quale era stato invitato a salire, all’alba di giovedì, davanti casa, costringendolo a suon di botte a inghiottire una serie di pastiglie in formato capsula. Così drogato, sarebbe poi stato abbandonato a se stesso nel parcheggio. Fino al ritrovamento da parte di un passante e al successivo intervento dei soccorritori. Alla Polizia, Chiarla ha offerto di prelevare una ciocca di capelli, per farla analizzare e ottenere in tal modo un riscontro alla versione secondo la quale sarebbe stato drogato. Gli esami tossicologici, infatti, finora non hanno provato la presenza di sostanze stupefacenti.  Stando a Chiarla, sequestro e pestaggio sarebbero riconducibili alla sua attività all’interno del Codacons e, più in particolare, a un’inchiesta alla quale sta lavorando da qualche tempo. Ma le indagini, coordinate dal sostituto procuratore della Repubblica Maria Grazia Zaina, non escludono alcuna pista. Il confronto, a tutto campo, ha spaziato anche nell’ambito della sfera privata di Chiarla, che, rispondendo alle domande degli investigatori, ha passato in rassegna gli ultimi dieci anni della sua vita. Nei prossimi giorni, gli uomini della seconda sezione convocheranno nuovamente Chiarla, per aggiungere elementi nuovi alle indagini.  Cominciando proprio dall’esame del materiale che, secondo il presidente del Codacons, ha scatenato la reazione dei suoi presunti sequestratori. Dei quali, naturalmente, l’attività degli investigatori cercherà quanto prima di fornire un identikit.
 

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