24 Settembre 2012

Il patron ad Abete: «La vergogna non sono io»

Il patron ad Abete: «La vergogna non sono io»

DAL NOSTRO INVIATO FRANCESCO VELLUZZI QUARTU SANT’ ELENA (Cagliari) Sul retro del tabellone luminoso, in alto, molto in alto, ci sono 4 operai al lavoro. Dal 16 maggio sgobbano senza sosta per ridare il grande calcio ai sardi. E’ l’ immagine più bella di una domenica triste, con 32 gradi e il sole che picchia forte, quella che nessuno avrebbe voluto vivere. Sognavano di vedere Zeman, la Roma che col Cagliari ha spesso visto rosso. Fuori da Is Arenas c’ è solo il presidio di polizia, Digos, carabinieri, guardia di finanza, 80 uomini. Qualche macchina passa, ma si fermano solo le sorelle Francesca e Maria Cotza che non si danno pace: «Siamo andate anche a Trieste, così fa male». Squadra L’ atmosfera è surreale. I giocatori sono blindati. Si sono allenati al mattino ad Assemini, sconcertati. Loro sono i primi a subire le stranezze di un presidente che pare dica che Larrivey (non più convocato) non porta bene, che le scarpe rosa di Thiago Ribeiro proprio non gli vanno, come, sembra, i giornalisti, con la «U» nel cognome. I ben informati raccontano che non sarebbe stato preso Marchese del Catania perché nato il giorno 17, numero bandito. Tutto ciò fa capire meglio il personaggio che con quel comunicato si è giocato tutto. Infatti ieri il Codacons lo ha denunciato per «istigazione a commettere un reato». E il questore Luigi Savina è stato chiaro: «Invieremo un’ informativa alla Procura con le dichiarazioni della società che invitavano i tifosi ad andare allo stadio nonostante le porte chiuse». Fronte penale A Cellino si contesta l’ inosservanza di una disposizione della pubblica autorità. Si può prefigurare la turbativa dell’ ordine pubblico. E ciò potrebbe costare anche il Daspo al dirigente che in queste ore pare abbia pure meditato di lasciare. Ma ieri notte ha voluto rispondere ad Abete per cercare di giustificarsi: «Caro Abete, non sono io la vergogna del calcio. In ventuno anni non sono mai stato deferito per vicende di passaporti, arbitri, doping e falsi in bilancio. Per gli altri, invece, le cose parlano da sole. Io difendo solo i sardi. Ho invitato la gente ad andare allo stadio per evitare che ci fossero solo gli ultrà e nella convinzione che gli abbonati poi potessero entrare. Così di fatto ho evitato il caos». Ma è proprio questa mossa degli ultrà che non ha convinto le autorità, in particolare la Questura. C’ è chi in questo piano ha visto qualcosa di strategico, anche perché proprio gli ultrà venerdì erano consapevoli del fatto che l’ impianto non fosse a norma. A mezzanotte in un nuovo comunicato Cellino cerca di porre riparo: «Prendo atto della decisione del prefetto di rinviare la partita pur non condividendone le motivazioni. Esprimo profondo rammarico anche perché questo stadio per cui da mesi lavorano tante persone è finanziato unicamente dal club». Lavori C’ è anche il problema dei rimborsi dei biglietti (un migliaio), e dei tifosi che hanno fatto la class action (40). Ma c’ è soprattutto uno stadio inagibile. Il viceprefetto Caterina Bellantoni non fa sconti: «Mancano molte dichiarazioni, quanti problemi con le norme antincendio, non c’ è la main stand. Non siamo noi inadempienti. Se tutto arriva ci riuniamo subito». Il prefetto dà ancora una mano a Cellino: «In qualche modo lo comprendo». L’ Osservatorio si riunisce mercoledì. RIPRODUZIONE RISERVATA.
 

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