Il nostro business: spremere i clienti
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fonte:
- Corriere della Sera
Il nostro business: spremere i clienti
Raffica di aumenti delle commissioni. Consigli d?investimento improbabili. Forbice dei tassi che si apre.
Scioperi in arrivo
B anche e cittadini, ciak, caso uno: il signor Mario di Biella (chiamiamolo così, per la privacy). Il signor Mario ha appena vinto una causa contro Banca Sella, l?istituto di credito di Maurizio Sella, presidente dell?Abi, l?Associazione bancaria italiana. Dovrà essere risarcito di un miliardo 195 milioni di lire, 617 milioni di euro. Per danni. Lo ha stabilito il Tribunale di Biella il 6 novembre. La sentenza, depositata il 3 gennaio scorso, gli dà ragione quando dice che Banca Sella «ha compiuto negoziazioni sui mercati non regolamentati, risultate dannose al suo patrimonio, senza che avesse prestato il prescritto consenso». Il signor Mario aveva dato in gestione a Banca Sella, nel ?94, due miliardi e mezzo di lire; e Banca Sella aveva investito i suoi quattrini, senza che lui l?autorizzasse, in prodotti finanziari a rischio: per dire, 789 milioni di lire nell?Indonesia Equity Fund. Dopo sette anni, un tribunale ha condannato la banca. In primo grado. Si vedrà. Ciak, caso due: il signor Pier Giuseppe Colombo di Casirate d?Adda, Bergamo. Il signor Colombo ha un?azienda da 30 milioni di euro di fatturato che produce macchine d?automazione. Come tutti, cerca di investire al meglio i suoi risparmi. Non nei titoli di Stato argentini, per intenderci, quelli che sono appena crollati.
Eppure la sua banca glieli aveva dati per buoni. «Ma sì, la banca mi ha offerto i bond argentini, l?anno scorso – dice -. Per fortuna mi sono guardato dal prenderli. Conosco bene l?Argentina». Colombo si considera fortunato perché è un imprenditore e non solo sa valutare i rischi ma ha, in Banca Intesa, anche un broker tutto per sé. E? diverso, dice, per i comuni privati. «E? chiaro che nelle banche c?è un entourage di cosiddetti esperti, pericolosissimi – denuncia -. In molti ci cascano».
Ciak, casi tre, quattro, cinque, sei, sette, otto: sei anonimi cittadini, infine, scelti fra le decine che stanno protestando col Codacons, comitato che difende i consumatori, per via dell?euro. Il primo, il 28 dicembre, dice di essersi visto applicare dalla filiale di Genova del Banco di Sardegna una commissione del 2% perché ha versato 3.500 franchi francesi sul conto. Il secondo, il 4 gennaio, racconta che la sede centrale milanese della Banca d?Italia s?è rifiutata di cambiargli banconote e monete «di vari Stati aderenti all?euro». Il terzo, sempre il 4 gennaio, scrive: «Sono andato a cambiare 800 franchi francesi alla Bnl, agenzia 6376. Mi sono state addebitate commissioni per 2,58 euro». Il quarto è un negoziante che l?8 gennaio racconta: «Al Monte dei Paschi mi hanno detto che devo fare due versamenti, per le lire e per gli euro. Visto che faccio versamenti tutti i giorni ho calcolato che nel periodo di doppia circolazione la banca guadagnerà, solo da me, 100 mila lire». Il quinto, il 3 gennaio, sostiene che l?agenzia 14 di Roma del San Paolo Imi gli ha impedito di versare 25 mila lire in monete da 500 e da 1.000 lire. Il sesto, il 17 dicembre, dice che la Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza gli ha consegnato il kit dell?euro solo dietro addebito su conto corrente: «Ho dovuto pagare la scrittura contabile di 1,29 euro. Siamo alle solite, le banche vessano il cliente». E? vero, le banche in Italia vessano i cittadini? Diciamo che la customer satisfaction , la soddisfazione della clientela alla quale tutte dicono di tenere, appare in questi giorni più lontana che mai. E l?euro, sommato alla crisi dei mercati e alle tensioni sindacali, ha fatto emergere malcontento e punti deboli. Carla Collicelli, vicepresidente del Censis che su euro e banche ha scritto un libro, parla di «tirannia del credito sull?individuo» e sottolinea come «un grosso problema del sistema italiano sia l?assenza di concorrenza: si diceva che si sarebbe attenuata con l?arrivo delle banche straniere ma non è successo» (l?Adusbef ha aperto «un dossier di mille pagine» all?Antitrust europeo su questo).
Carlo Rienzi, presidente del Codacons, denuncia «l?inefficienza del sistema bancario dovuta alla sua avidità». E Marcello Tocco della Fisac-Cgil individua il «punto di debolezza strutturale nelle dimensioni: le banche italiane sono ancora troppo piccole».
Così lo sciopero del 7 gennaio, dichiarato per via di un contratto, sottolinea Tocco, «disdettato già in settembre» (e anche «per contestare la disorganizzazione sull?euro»), ha provocato sì code, svenimenti e citazioni in tribunale per «danno biologico». Ma appare solo il detonatore di un sistema creditizio minato, che perdipiù non sa mantenere le promesse. «Le banche sono pronte per vincere la sfida dell?euro», aveva detto Maurizio Sella il 4 dicembre 2001. Ora né lui né il direttore generale dell?Abi, Giuseppe Zadra, hanno voluto commentare per Corriere Economia queste prime due settimane e lo stato del sistema. Forse anche perché non è vero che il passaggio all?euro sia stato senza costi bancari aggiuntivi, come l?Abi aveva garantito.
Intanto, prima dello sciopero, l?Abi aveva già autorizzato tutte le banche a tenere chiusi gli sportelli per quattro giorni, dal 29 dicembre al 1° gennaio. Bloccando i prelievi di euro senza alternativa, perché i nuovi bancomat, spiegano alla Diebold Italia che ne ha installati 16 mila, «per forza potevano incepparsi od esaurirsi, erano pieni di banconote lisce e nuove. In più andavano caricati ogni giorno, invece dei consueti due-tre». Fortuna che erano aperti, dalla mezzanotte del 31 dicembre, i 452 Autogrill italiani: è qui che, dice l?amministratore delegato Livio Buttignol, «la gente è venuta copiosa per avere gli euro. Il primo giorno abbiamo consumato la dotazione di tre giorni, ci hanno usato in alternativa al bancomat».
Quanto ai mancati aumenti, Elio Lannutti dell?Adusbef fa notare che un prelievo al bancomat costa ora in media 1,80 euro, 3.485 lire: «Era di 3.300 lire fino a novembre». E basta spulciare la Gazzetta Ufficiale per accorgersi che, zitte zitte, dal primo al 9 gennaio, almeno 26 banche hanno variato le condizioni. In peggio.
Qualche citazione, con una premessa: nella prima settimana di gennaio, causa euro, dice Vittorio Lombardi del Cse che fornisce i supporti informatici a 33 banche, l?uso di carte di credito e bancomat è aumentato del 40%. Ebbene, la Popolare dell?Adriatico ha imposto una commissione del 2% sui prelievi dall?estero con carta di credito Cirrus/Maestro. La Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza ha deciso che chi vuole una carta di credito con funzione bancomat deve pagare 7,75 euro in più. La Banca di Credito Cooperativo di Carugate ha introdotto una «spesa fissa per operazione di cambio pari a 15 euro». Il Credito Artigiano, la Popolare di Rho e la Banca dell?Artigianato e dell?Industria hanno portato a 13 euro la commissione per la carta bancomat. E in molte hanno diminuito i tassi dei conti correnti (da 2,5% a 1,5% il Conto Mini di IntesaBci); e aumentato, al contrario, i tassi debitori (dello 0,375% Rolobanca), le commissioni di massimo scoperto (»0,50% Cassamarca), le spese fisse di chiusura (a 5 euro in Bnl). «Iniziative individuali, non di categoria», commenta l?Abi. Ma il sospetto è che il sistema stia cercando la strada per compensare un 2001 insoddisfacente. Secondo Prometeia, infatti, l?anno scorso il Roe medio delle banche in Italia, l?indice della redditività, è sceso dal 12,8% all?11,1%. E se nel primo semestre dell?anno i costi operativi sono cresciuti del 4,1%, contro il 3,7% del primo semestre 2000, da gennaio a dicembre le commissioni da gestione e intermediazione – quelle per la compravendita di titoli – sono precipitate del 30%. Colpa del crollo delle Borse, certo, ma anche delle stesse banche, che hanno fatto allontanare i clienti da fondi e azioni. «Bisognerà aspettare il 2003 per tornare ai livelli del 2000 – prevede Antoni
o Rigon della società di consulenza -. E a condurre la ripresa sarà proprio il risparmio gestito, con più attenzione alle relazioni col cliente».
Signor Mario di Biella, lei è d?accordo?
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