Il carovita per alimenti e carburanti è cresciuto del 5 per cento
La Bce “frena“ i salari ma i prezzi si impennano
No a forme di indicizzazione dei salari che rischiano di innescare una spirale inflazionistica. E attenzione all`impatto che la crescita al rallentatore avrà sul risanamento dei conti pubblici italiani, visto che non ci sono significativi tagli alla spesa e che il pareggio di bilancio slitta a dopo il 2010. A lanciare il monito, all`indomani dell`ultimatum di Confindustria ai sindacati che mette in forse gli accordi del `93, è la Banca centrale europea. Andando a toccare il nervo scoperto dei rinnovi contrattuali in Italia – dove diverse sigle sindacali chiedono che i rinnovi salariali tengano più conto dell`inflazione reale – ma anche nella prima economia di Eurolandia, la Germania. La Bce “nutre timori circa l`esistenza di forme di indicizzazione delle retribuzioni nominali ai prezzi al consumo, che comporterebbe il rischio di shock al rialzo sull`inflazione“. Un monito pesante, quello che viene dall`Eurotower, guardiano della stabilità dei prezzi e del delicato equilibrio fra l`esigenza di un taglio dei tassi per aiutare la crescita, e quella di mantenere il costo del denaro al 4% per scongiurare fiammate inflazionistiche che in questo periodo sono sempre dietro l`angolo. Il punto è – per gli uomini di Jean-Claude Trichet – che un`indicizzazione dei salari “innescherebbe una spirale salari-prezzi con ricadute negative sull`occupazione e sulla competitività nei paesi coinvolti“ proprio in un momento in cui ci sono “forti pressioni al rialzo sui prezzi nel breve periodo, riconducibili principalmente ai rincari dell`energia e dei beni alimentari“, che terranno l`inflazione “su livelli significativamente superiori al 2% nei prossimi mesi“, impedendo il taglio dei tassi chiesto a gran voce da mezza Europa. Una spirale inflazionistica salari-prezzi sarebbe “intollerabile“, ha rincarato la dose lo stesso Trichet. Intanto, dopo che l`Ocse ha certificato che gli stipendi degli italiani sono fra i più bassi d`Europa, ieri l`Istat ha comunicato che a febbraio il carovita si è attestato al 2,9% e che il tasso inflattivo legato ai beni più acquistati è quasi doppio e ha fatto registrare un aumento del 5% rispetto a un anno prima. L`istituto di statistica ha censito beni come alimentari, carburanti, tabacchi, affitto, trasporti urbani, giornali, ristorazione. Del resto i prezzi di alimentari e bevande da soli hanno fatto un balzo del 4,9% su base annua. Pane e pasta scontano un rialzo del prezzi nell`ordine, rispettivamente, del 12,5% e del 14%. Aumenti a due cifre anche per benzina e gasolio, che a febbraio hanno messo a segno incrementi del 13,2% e addirittura del 16,9%. Ma l`Istat mette in evidenza un altro fenomeno: il carovita galoppa più al sud che al nord. Su 20 città capoluogo di regione, le cinque a più alto tasso inflattivo sono in regioni meridionali. E se Cagliari e Reggio Calabria hanno un tasso di inflazione al +3,8% e al +3,5%, Trento è al +2%. Sempre più allarmate le associazioni dei consumatori, con il Codacons che teme una stangata da 1.000 euro a famiglia e Federconsumatori che prevede maggiori spese pari a 445 euro l`anno per gli alimentari e a 580 euro per l`energia.
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