I TRENI DELLA VERGOGNA Sul “carro bestiame“, fra puzza e sporcizia
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fonte:
- Il Mattino di Padova
Viaggio all`alba con i pendolari del “regionale“ 2222 che collega la Bassa a Padova
Crivellari (Codacons) riempie questionari Studenti e lavoratori sembrano rassegnati
MONSELICE. La cosa peggiore è che allo schifo, quasi si sono abituati. Alla puzza, allo sporco, alle carrozze sovraffollate, ormai non ci fanno neanche più caso. La protesta esplode solo nei casi più gravi. Quando salta qualche coincidenza. O quando i ritardi superano la mezzora. E` questo il desolante identikit del pendolare medio della linea ferroviaria Padova – Mantova. Gente che parte ogni mattina all`alba da Merlara, Montagnana, Este e Monselice, per raggiungere il posto di lavoro ad Abano, Montegrotto e Padova. Il treno chiamato da tutti “carro del bestiame“ è il regionale 2222 delle 7.15 per Venezia Santa Lucia. Per capire cosa significa, per toccare il fondo, basta spendere 4 euro e 70 centesimi. Andata e ritorno. Da qualche giorno Chiara Crivellari del Codacons, l`associazione per la difesa dei diritti dei consumatori, i “carri bestiame“ li sta provando tutti. Per parlare con i pendolari e far compilare loro un questionario. “Lunedì – dice – siamo partiti da Rovigo e abbiamo visitato i vagoni in fondo al treno. Oggi proviamo quelli nel mezzo“. Non resta che seguirla. E` difficile persino salirci su questo treno. Si, perché la gente si ammassa già nell`angusto spazio tra una carrozza e l`altra. Talmente tanto che per entrare bisogna spingere, facendosi forza nel maniglione in acciaio. Chi sale a bordo di questo famigerato treno, sa già che dovrà rimanere in piedi. A Terme Euganee non scende nessuno. L`unica speranza, prima di arrivare a Padova, resta la stazione di Montegrotto. “Buongiorno siamo del Codacons. Ora vi consegneremo dei volantini e un questionario da compilare sulla qualità del servizio“, esordisce l`energica Chiara Crivellari. La carrozza è piena di gente. I finestrini sono appannati e un odore sgradevole si deposita nello stomaco. C`è chi sonnecchia, chi legge un libro, chi vorrebbe leggere un giornale ma non ce la fa perché con i gomiti tocca il vicino di sedile. Ma resta comunque un privilegiato, perché sono in molti a restare in piedi. “Era ora“, commenta qualcuno quando sente parlare di protesta, di questionario e di causa promossa contro Trenitalia. “Il numero dei pendolari aumenta sempre più, ma la qualità del servizio scende sempre più in basso“, lamenta una studentessa universitaria aggrappata al poggiatesta di un sedile. Lei oggi è in piedi. Ma sapeva che ci sarebbe rimasta fin da quando è uscita di casa. “Per chi frequenta i corsi universitari – fa presente – questo è un periodo nero. Tutti vanno a lezione“. Si avanza di carrozza in carrozza, in direzione della testa del treno. Bisogna destreggiarsi tra valigie, zaini e borselli. Per arrivare finalmente a metà vagone. Qui il calore è insopportabile. Molti hanno la fronte sudata. C`è chi si toglie il piumino, chi invece prova a resistere. “Qui si fa la sauna – dice Camilla indignata – ma mi sento fortunata, perché almeno ho trovato un posto a sedere“. Chiara Crivellari spiega come compilare il questionario. Cerca di muoversi tra la gente, aprendo il giubbotto per difendersi dal caldo. Cambiare vagone? Impossibile ormai. Perché un ammasso di persone fa da tappo e non si riesce più ad uscire. Allora non resta che rimanere lì e portare pazienza fino alla prossima stazione. Magari cercando di fissare i compagni di sventura. Per trovare un segno di approvazione, di comune sdegno. Ma niente da fare. Sono tutti immobili, anche se il sudore cola lungo la schiena. Fissano il vuoto. Sono assuefatti. Non si lamentano più.
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