I sindacati italiani: niente a che vedere con il caso Volkswagen
ma si temono conseguenze su stabilimenti e lavoratori italiani
Amalie Angotti TORINO Il caso Fca non ha niente a che vedere con quello Volkswagen. Lo sottolineano quasi tutti i sindacati italiani che esprimono fi duda nel gruppo. Più prudente la Cgil: «Siamo in attesa di capire. Se dovessi fare un augurio è che non abbia delle ricadute sui volumi produttivi e sulla produzione in Italia», dice la leader Susanna Camusso. «L’ azienda ci convochi al più presto, i lavoratori sono preoccupati», afferma Michele De Palma, coordinatore Auto della Fiom. Il vice ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Riccardo Nencini, conferma che «i modelli dei vei coli Fca Us non sono stati oggetto di omologazione in Italia» e ricorda che il governo «sta collaborando con la Commissione Europea». Scendono in campo i consumatori con Altroconsumo che chiede chiarezza, mentre il Codacons presenta un esposto alla Procura della Repubblica di Torino per accertare «se i motori diesel contestati dalle autorità Usa siano commercializzati anche in Italia, ose lo siano stati in passato». «È una notizia che ci preoccupa, ma è completamente diverso dalla vicenda dieselgate. Resta il nostro giudizio positivo nei confronti di un gruppo che ha mostrato con trasparenza modelli e progetti anche sul versante dell’ auto ecologica», sottolinea il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella. Marco Bentivogli, numero uno della Fim, osserva che «sul mercato Usa il diesel non va bene, ma dal Salone di Las Vegas sono arrivate notizie incoraggianti perché Fca ha presentato un’ auto elettrica innovativa ed è su questo che il gruppo deve puntare». «Non ci può essere nessun parallelo tra il crimine perpetrato dalla Volkswagen ai danni dei consumatori e quanto contestato a Fca», afferma Roberto Di Mau lo, segretario generale del sindacato autonomo Fismic. «In ogni caso – aggiunge – la questio ne non riguarda assolutamente nessuna vettura prodotta nel nostro Paese e destinata ai mercati internazionali». L’ Ugl confida che «la vicenda si risolva nel migliore dei modi per le migliaia di persone che lavorano per l’ azienda, in particolare in Italia». Il deputato di Sinistra Italiana Giorgio Airaudo esprime il timore che «la querelle americana abbia conseguenze su stabilimenti e lavoratori italiani», mentre per Legambiente «non stupisce l’ indagine Usa, la questione è nota. Per uscirne il più presto possibile “emissioni zero”». «La salute va sempre messa al primo posto ma prima di trarre conseguenze affrettate e semplicistiche è necessario valutare i dati e capire come avvengono le valutazioni sulle emissioni in Italia, in Europa e negli Usa», so stiene Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera. Al di là delle ultime notizie diffuse da gli Usa resta forte tra le piccole e medie imprese torinesi – secondo quanto rileva un sondaggio dell’ Api – la paura che i nuovi investimenti annunciati negli Usa siano la conferma di un minore impegno di Fca nella produzione in Europa. Le accuse che l’ EPA, l’ ente governativo Usa per la protezione ambientale, ha mosso nei confronti di Fiat Chrysler Automobiles basandosi in particolare su presunti illeciti nelle emissioni di NOx di due modelli venduti in quel mercato, il pick-up Ram 1.500 e il suvJeep Grand Cherokee dotati di motore turbodiesel V63.0 sono di diversaportata rispetto al Dieselgate che ha coinvolto Volkswagen. Almeno se condo le valutazioni date al Financial Times da alcuni esperti dell’ industria dell’ auto nell’ esaminarne i dettagli, da cui si può supporre che «Fiat potrebbe evitare di veder demonizzato il proprio nome allo stesso modo di Volkswagen». Al riguardo FT riporta le dichiarazioni di John German, in precedenza funzionario dell’ EPA e ora consulente senior del l’ International Council on Clean Transportation, che dice: «il caso FCA è abbastanza diverso da quello della Volkswagen. La Casa tedesca ha infatti programmato il software per funzionare solo nei test ufficiali di omologazione. E quando non si è in una fase di test il software stacca del tutto il controllo delle emissioni». Spiegando invece il sistema Fca sotto accusa, German ha dichiarato al FT che «non si sa quanto spesso il controllo delle emissioni venga spento, si sa soltanto che le emissioni reali sono più alte ma non quanto sovente (durano queste fasi), i.
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