6 Gennaio 2010

I panificatori: no allo spreco

 
ROMA – Attorno al fenomeno dello spreco dipane, che ieri il presidente della Cei Angelo Bagnasco hadefinito «scandaloso», crescono le polemiche ma anche le proposte. Andrea Segré, preside della facoltà di Agraria aBologna e presidente di Last Minute Market ipotizza un’ etichetta a «doppia scadenza» e cioè una classica che indichi la scadenza del cibo e l’ altra che indichi fino a quando esso è commestibile e può essere consumato, mentre il Codacons propone di vendere il pane a un euro al chilo dopo le 17, quando il pane non è più freschissimo ma ancora buono. La fondazione Banco Alimentare dice di essere già in contatto con i panificatori per realizzare un progetto di recupero del pane invenduto. La cifra che ha fatto alzare la voce alla più alta carica della Conferenza dei vescovi italiani è quella dei 180 quintali di pane che ogni sera vengono buttati via nella sola Milano:«Questo spreco enorme del pane è scandaloso», ha detto il cardinale Angelo Bagnasco. Certo, ha aggiunto, ci sono anche altri sprechi, «ma quello del pane ha un valore simbolico diverso». Uno spreco nel quale, per gli stessi panificatori che si definiscono «l’ anello debole della catena», le maggiori responsabilità andrebbero attribuite all’ «approccio consumistico dato dalla Grande distribuzione organizzata», ha detto il presidente della Federazione italiana panificatori (Fippa), Luca Vecchiato, spiegando che «La Gdo è il maggior centro di spreco di pane e nonostante questo non ci rimette un euro, secondo una politica di acquisto e vendita da padre padrone. La Gdo pretende infatti che i suoi fornitori (i panificatori artigianali) consegnino pane fresco in abbondanza, per avere gli scaffali sempre pieni sino all’ ora di chiusura quando – per contratto – il panificatore è costretto a ritirare l’ invenduto a prezzo pieno e a buttare il pane» e «paga il contributofiscale come se il pane fosse venduto». La Fippa stima infatti che il pane reso a causa delle politiche di vendita della Gdo può arrivare fino al 15% del prodotto fresco presente sugli scaffali, mentre in panificio la quota raggiunge al massimo al 4-5%.

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