12 Gennaio 2010

I discount È iniziata una vera corsa alla ricerca del prezzo più basso. Il Codacons rivela: così il 70% delle famiglie ha trovato riparo

Meno soldi in tasca. La crisi toglie il sonno alle famiglie. Risultato: spese con il contagocce. E sindrome da risparmio modello formiche. Insomma, la recessione fa ancora molta paura. Il potere d’acquisto degli italiani si è sgonfiato. E il giro di vite sui consumi è scattato come una tagliola. Lo rivela l’Istat che ha diffuso le statistiche sulla propensione al risparmio relative al periodo ottobre 2008-settembre 2009, praticamente i dodici mesi clou. Nel periodo considerato si è registrato un calo del reddito nominale (-1%) e del reddito reale (-1,6%). Ma i consumi e gli investimenti risultano, su base tendenziale, diminuiti di più rispetto al reddito: -1,5% i consumi e -8,6% gli investimenti. Su base congiunturale la spesa si è ridotta dello 0,6% e gli investimenti del 2,9%. I timori per il futuro hanno portato ad aumentare la propensione al risparmio di 0,2 punti percentuali su base congiunturale e di 0,4 punti percentuali su base tendenziale. Meno shopping dunque e più euro in salvadanai e conti in banca. Nello stesso periodo, i dodici mesi che terminano con il terzo trimestre 2009, ovvero il periodo che va da ottobre 2008 a settembre 2009, la quota di profitto delle società non finanziarie, è calata di 2 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente. A fornire il dato è stato sempre l’istituto di statistica, aggiungendo che la quota di profitto è stata pari al 40,9% e che si è ridotta di 0,3 punti percentuali su base congiunturale. Imprese caute dunque di fronte alla crisi non meno delle famiglie: il tasso di investimento delle società non finanziarie è infatti diminuito rispetto ai dodici mesi precedenti di tre punti percentuali. Per il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, sono «dati pienamente coerenti con il quadro di tenuta delle condizioni di vita degli italiani e, in particolar modo, dei lavoratori dipendenti e dei pensionati già più volte sottolineato. Il potere d’acquisto delle famiglie – spiega ancora – è diminuito solo dell’1,6% contro una caduta del Pil reale del 4,9% e la caduta del prodotto lordo viene assorbita in misura prevalente dai profitti delle imprese e dai redditi da lavoro autonomo». Per Brunetta i lavoratori dipendenti e i pensionati «hanno invece aumentato il loro potere d’acquisto, come differenza tra la dinamica delle retribuzioni e pensioni e la dinamica ridotta dei prezzi, delle tariffe, della benzina e dei mutui». Critico il commento del Codacons: «È già molto preoccupante un calo dell’1,6%, ma nella migliore delle ipotesi si tratta della media del pollo – spiega l’associazione dei consumatori – I pensionati al minimo, così come le famiglie a rischio di povertà relativa, hanno un’inflazione da doppia a tripla rispetto alla media delle famiglie italiane. Per loro, quindi, il calo del potere d’acquisto è almeno doppio e, quindi, supera abbondantemente la soglia del 3%». I sindacati sono convinti si tratti di una «conferma – come dice il segretario confederale della Cgil Fulvio Fammoni – delle difficoltà e delle paure verso il futuro delle famiglie italiane». Il segretario confederale della Uil Domenico Proietti chiede al governo «di dare subito avvio all’annunciato confronto con le parti sociali, al fine di definire interventi fiscali indispensabili al sostegno dei redditi reali e alla ripresa economica e produttiva del Paese». Infine, il Partito Democratico insiste sulla «riduzione delle tasse sul lavoro», come dice Pierpaolo Baretta. © RIPRODUZIONE RISERVATA
 

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