«I capistazione non sono gli unici colpevoli»
-
fonte:
- Libero
per la procura di trani è «riduttivo» limitare le indagini all’ errore umano. la rabbia dei parenti delle vittime: «assassini»
TIZIANA BALSAMO Sono tre gli indagati per l’ incidente ferroviario avvenuto il 12 luglio nelle campagne tra Andria e Corato che ha causato 23 vittime, 52 feriti, 8 in prognosi riservata. Il capostazione di Andria, Vito Piccaretta, quello di Corato Alessio Porcelli e un dipendente della Ferrotramviaria spa. L’ accusa è disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo. Un pool di inquirenti è al lavoro per acclarare circostanze e dinamiche. È oramai appurato che il treno che arrivava da Andria, l’ ET1023, diretto a Bari, non doveva partire. «Non doveva trovarsi lì», così il direttore generale di Ferrotramviaria Massimo Nitti. Alle 11,30 Picaretta ha dato il via senza sapere che sul binario unico, ribattezzato «della morte», era già in transito il convoglio ET1018 partito da Corato. Alle 11,41 lo scontro mortale. Perché, ci si domanda ora tra i singhiozzi che soffocano e la rabbia che monta. Solo un errore umano come si ipotizza da subito? Forse no. La concausa potrebbe essere quella che i tecnici definiscono «perturbazione della circolazione». C’ era infatti un secondo treno che precedeva l’ ET1018 in arrivo da Corato con un ritardo di circa di 8. «Li hanno fatti scendere e salire su un altro treno», la ricostruzione arriva dai familiari di Enrico Castellano, una delle vittime, secondo cui alcuni sopravvissuti avrebbero raccontato che ad Andria i passeggeri sarebbero stati fatti scendere dal primo treno, fermo sul binario 1, per salire su un secondo che stazionava sul binario 2. Cambio che avrebbe causato il ritardo. «Il via libera – si ipotizza – si sarebbe basato sull’ orario di partenza del primo treno»”. Dalla Procura non confermano. «Ho alzato la paletta ma sono anche io vittima», dice dilaniato dal dolore Piccaretta. È vero, la sua paletta ha dato il via al treno maledetto ma ha fermato per sempre anche la sua vita. I colleghi lo difendono «il problema è il sistema di controllo non automatizzato». E sulle falle nella sicurezza del trasporto su rotaie del sud Italia si articola la diffida inviata dal Codacons al ministero delle Infrastrutture per chiedere un immediato intervento del governo «nel garantire e assicurare sicurezza non solo sulle tratte gestite da Rfi ma anche su quella non direttamente date in concessione». L’ errore umano come unica causa della strage non convince neanche il procuratore di Trani, Francesco Giannella: «Parlarne è corretto ma riduttivo». Della stessa idea il presidente dell’ Anticorruzione, Raffaele Cantone, secondo cui «la strage è anche conseguenza di un problema atavico del nostro Paese, la difficoltà di mettere in campo infrastrutture adeguate». Anche parenti e conoscenti delle vittime oramai annullati da un dolore che non si può scrivere e allo stesso tempo accecati dalla rabbia di chi cerca un giustificazione, difendono il capostazione. «È inutile prendersela con quel poveraccio», dichiara la figlia disperata di Castellano, «c’ è un sistema politico che ha permesso che accadesse tutto questo. Che è la vergogna della razza umana. Ora chi ha mangiato deve pagare». «Siete degli assassini», urla esamine una mamma che per tutta la notte ha vegliato su quel che resta del corpo della figlia. Puntano l’ indice sulla «farraginosità della burocrazia» e le «inefficienze di un classe politica che non ha coscienza perché non si può morire per una telefonata». Un’ altra mamma sviene mentre il presidente della Repubblica Mattarella, fa visita a familiari e vittime. «Lasciateci piangere da soli» grida un ragazzo che tra le dita consuma i grani di un rosario. riproduzione riservata.
tiziana balsamo
-
Sezioni:
- Rassegna Stampa
-
Aree Tematiche:
- TRASPORTI