«Ha provato a salvarli È stata una fatalità»
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fonte:
- La Provincia di Como
la testimonianza castiglioni era a 100 metri dal rifugio aperta inchiesta. messner: «fatali le condizioni meteo»
«È stata una fatalità. C’ era tanto vento alla fine della giornata che non si poteva vedere a due metri, ma Mario era sulla strada giusta perché si trovava a circa un centinaio di metri dal rifugio Vignettes»: è la testimonianza di chi era in Val d’ Arolla il giorno della tragedia e aveva incrociato la comitiva di italiani guidata da Mario Castiglioni. Louis Buosson, maestro di sci, nonché giovanissimo atleta della nazionale di sci francese (classe 1995), era al rifugio Cabane des Dix: «Avevo conosciuto Mario tre giorni prima, era la persona esperta e giusta da frequentare. Conosceva molto bene quel sentiero. E quel che è successo fa ancora più rabbia, perché un gruppo di sei era appena riuscito a cavarsela appena prima che il tempo peggiorasse». La sera prima «al rifugio avevamo scherzato tutti insieme, avevamo trascorso una bella serata, c’ era un’ atmosfera rilassata e simpatica. È duro sapere poi come è andata a finire e vederli arrivare in quel modo». Le autorità svizzere Le autorità svizzere hanno aperto un’ inchiesta per fare luce su quanto accaduto, posto che probabilmente molti interrogativi rimarranno senza una risposta. «Le indagini sono ancora in corso e al momento non vi sono ipotesi di reato: è stato semplicemente aperto un fascicolo per determinare le circostanze dei decessi», ha detto Nicolas Dubuis, procuratore generale del Cantone Vallese. «L’ inchiesta è fatta per chiarire cosa sia successo nella zona della Pigna d’ Arolla, quando si vedrà cosa è successo valuteremo se ci sono ipotesi di reato penale o meno». Il Codacons chiede invece in un esposto alla procura di Roma di «indagare alla luce della possibile fattispecie di concorso in omicidio colposo plurimo». Il sopravvissuto Le testimonianze hanno un peso rilevante: «Adesso ho capito che cos’ è l’ inferno» ha dichiarato l’ unico sopravvissuto, Tommaso Piccioli. «Ci siamo persi quattro o cinque volte. Ho portato avanti il gruppo io perché ero l’ unico ad avere un gps funzionante fino a che siamo arrivati a un punto in cui non si poteva più procedere perché con quella visibilità non era possibile». Lui è sopravvissuto perché è riuscito a non addormentarsi: «Ho cercato di non addormentarmi e ci sono riuscito, tutto lì ,perché in quelle situazioni se ti addormenti sei finito: l’ ipotermia ti prende e ti uccide». Sul caso anche l’ autorevole parere di Reinhold Messner: «È una condizione che io ho vissuto almeno cento volte – racconta – ma il problema è che se ti trovi in Antartide è grave, però non hai dei crepacci, mentre in montagna sì. Col vento forte e il freddo, come ho capito che è successo in Svizzera, se non hai un’ esperienza estrema perdi la testa. La bufera ti butta giù e la morte è la conseguenza. Pensiamo che i vestiti, le scarpe e i gps che ci sono adesso ci rendano sicuri, ma la montagna è sempre pericolosa. Servono se puoi arrivare al riparo, ma se ti fermi non bastano come aiuto». «In quelle condizioni – prosegue – per un po’ si riesce a muoversi, poi non più, subentra la disperazione. Forse la guida sperava di arrivare al rifugio. Morto lui poi gli altri probabilmente non sapevano cosa fare».
franco tonghini
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