12 Ottobre 2004

Guerra agli abiti sexy a scuola

Guerra agli abiti sexy a scuola


Un preside li mette al bando: «Sono indecenti e fonte di distrazione»





Avezzano (L?Aquila). Basta con i dilaganti pantaloni a vita bassa. Smettiamola con ombelichi in vista e fondoschiena al vento. Per il professor Angelo Bernardini, preside del Liceo scientifico «Vitruvio» di Avezzano, quella di un abbigliamento più morigerato da parte degli studenti è una questione non certo secondaria della vita scolastica: tanto da prendere carta e penna e, con una circolare dal significativo titolo «dal burqa al “sedere scoperto“», sollecitare gli alunni a evitare un look «oltre i limiti della decenza». Tra l?altro, nel mescolare – non senza ironia – metodologie didattiche con dettati della moda, il dirigente scolastico forse non pensava di suscitare un tale vespaio di reazioni: se al Vitruvio, infatti, per ora l?atteggiamento di studenti e insegnanti è parso accomodante, da parte di esperti e osservatori sono state molte le voci critiche.
Secondo il preside Bernardini «le estrosità» e le «anomalie» possono «creare distrazione e vanificare il lavoro degli insegnanti». Per il momento, il contenuto della circolare non ha destato particolari dissensi tra gli studenti del Vitruvio, dove peraltro ieri non erano molte le ragazze con un abbigliamento provocante. «A scuola si deve andare vestiti in un certo modo – sostiene una studentessa – anche se un filo di pancia scoperta non è certo un dramma». Dubbi su chi possa risultare «distratto» sono stati espressi scherzosamente da un insegnante: «Non ho capito bene se la distrazione riguarda gli alunni oppure anche noi».
Ad insorgere sono stati piuttosto esperti e associazioni, per i quali il diktat di Bernardini sbaglia completamente bersaglio: come il Codacons («i presidi farebbero meglio a preoccuparsi della fatiscenza degli istituti scolastici», dice il presidente Carlo Rienzi); l?Osservatorio sui minori («che il peggior sistema scolastico esistente si occupi del vestiario è roba dell?altro mondo», è l?opinione di Antonio Marziale) e l?Associazione dei sociologi («sempre i ragazzi hanno seguito la moda e questa non è una colpa»). Anche per la responsabile dell?Udi, Pina Nuzzo, i ragazzi esprimono solo il loro «bisogno di esistere».
Secondo don Antonio Mazzi, quello dei pantaloni a vita bassa è «un falso problema». «I giovani – dichiara – non hanno bisogno di aut-aut nè di ordini perentori, ma di esempi e modelli di riferimento». Tra le voci a favore, invece, quella del Moige Abruzzo, secondo cui «la scuola non deve essere in nessun caso luogo di eccessi».
Diviso, infine, il mondo della moda, anche se un colosso come la Levìs sta tentando di sconfiggere la mania dei jeans portati sotto il sedere lanciando nei negozi una nuova linea a vita alta.

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