8 Febbraio 2012

Golpe «morbido» alle Maldive   

Golpe «morbido» alle Maldive 
  economia in affanno l’ opposizione ha cavalcato lo scontento dovuto alla crisi in un paese già soccorso dall’ fmi che si regge sul turismo (35% del pil) 

 
Proteste nelle strade da settimane, il palazzo del Governo sotto assedio, il presidente costretto a lasciare per evitare che la situazione degeneri. Non è una nuova primavera araba o una piazza mediorientale in ebollizione. È il golpe alle Maldive. Già, il paradiso delle vacanze scosso dall’ ammutinamento dei poliziotti e dalle parole di Mohamed Nasheed in diretta tv: «È meglio per il Paese che io mi dimetta. Non voglio guidarlo con il pugno di ferro, usare la forza e fare del male a molti cittadini». Pare che i turisti in pieno relax negli atolli non si siano accorti di nulla, che tutto sia successo nella capitale Malè. Dove l’ opposizione, guidata dagli uomini dell’ ex presidente Maumoon Abdul Gayoom, per 30 anni al potere in un regime dittatoriale prima delle elezioni democratiche del 2008, ha sobillato la popolazione, cavalcato il malcontento dovuto alla crisi economica e disarcionato Nasheed. Il pretesto decisivo è stato l’ arresto, disposto dal Governo il mese scorso, del giudice della Corte penale Abdulla Mohammed, accusato di aver scarcerato un oppositore per motivi politici. Ottimo motivo per dipingere Nasheed, il cui passato di prigioniero politico e attivista per i diritti umani è noto, come un tiranno che calpesta i princìpi della democrazia. Le cose sono precipitate nella notte di lunedì, con il raduno dei cittadini in piazza, i poliziotti che si sono uniti ai rivoltosi, l’ assalto al quartier generale dell’ esercito, l’ occupazione della tv di Stato. A quel punto Nasheed ha fatto un passo indietro. E ha preso le redini dell’ arcipelago il vicepresidente Mohamed Waheed, il quale guiderà il Paese probabilmente fino alle elezioni dell’ anno prossimo. «Tutti avranno la protezione della Costituzione e delle leggi – ha dichiarato – e nessun ordine illegale sarà impartito alla polizia, alle Forze di Difesa nazionale o a qualsiasi individuo». Sembra che il 44enne presidente, confinato nel palazzo presidenziale e poi rilasciato in serata, avesse chiesto aiuto all’ India, ma che New Delhi si sia defilata dicendo che la ribellione è una questione interna alle Maldive e come tale avrebbe dovuto essere risolta. La realtà è che hanno prevalso le forze più conservatrici, che mal sopportano i costumi licenziosi dei circa 900mila turisti annuali, che considerano Nasheed un anti-islamico sensibile solo a questioni ambientali e preoccupato dall’ innalzamento del livello del mare (storica, a questo proposito, la seduta sott’ acqua del suo Governo, con i ministri equipaggiati da sub). Argomenti che hanno trovato terreno fertile in un momento di crisi economica per i 330mila abitanti – sunniti musulmani – di uno dei Paesi più poveri dell’ Asia, dove il turismo pesa per il 35% del Pil (l’ attuale minor afflusso dal l’ Europa è compensato dagli arrivi dalla Cina). Le Maldive godono di un programma di aiuti del Fondo monetario internazionale: 92,5 milioni di dollari ricevuti dopo lo tsunami del dicembre 2004. Quello che è successo, per ora, non ha avuto alcun impatto sulla vita turistica dell’ arcipelago, dove sono presenti tra i mille e i 1.500 italiani. I voli non sono stati sospesi, si è solo raccomandato di evitare visite nella capitale. L’ Associazione per i diritti degli utenti e consumatori (Aduc) ha però sconsigliato il viaggio, precisando che chi ha prenotato può disdire e chiedere il rimborso, oppure optare per un cambio di destinazione. Stesse alternative garantite dal Codacons. Gli operatori turistici gettano acqua sul fuoco: «Ad oggi il viaggio è regolarmente fruibile in tutte le componenti, dal trasporto all’ alloggio, non ci sono pericoli per il turista». E.D.C. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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