Il giallo degli aiuti via sms
CONTINUA DALLA PRIMA Insomma un salvadanaio importante, non solo in termini finanziari ma anche sociali, perché consente di toccare con mano lo spazio che tuttora conserva in questo Paese il valore della solidarietà. Un aiuto per le zone terremotate, due euro per le popolazioni del Centro Italia: recitava così lo spot che lanciava il numero 45500 e che ha sortito il suo effetto. Ma che fine hanno fatto quei soldi raccolti con l’ sms solidale? Ora, a distanza di un anno dalla campagna promozionale, il punto è questo. Nessuno avrebbe dubitato sul buon esito della campagna se il sindaco di Amatrice, il combattivo Pirozzi, dal palco di una festa di partito non si fosse lasciato andare a una denuncia esplicita e, da par suo, dirompente: «I fondi degli sms non sono mai arrivati». Apriti cielo, giustamente! Le agenzie di stampa ieri hanno battuto a ripetizione dichiarazioni politiche di fuoco, perché la solidarietà è diventata un ottimo terreno di scontro tra i partiti. Tutti a fare da coro al sindaco, tutti a gridare allo scandalo e a puntare il dito accusatore contro chi non si sa. Si è mossa anche la magistratura, ma con l’ imbarazzo e la prudenza necessarie, perché va anzitutto chiarita la competenza territoriale. A quale procura toccherebbe indagare, posto che il terremoto ha colpito Lazio, Abruzzo e Marche? Gli uffici giudiziari di Macerata e Ascoli Piceno sono già in prima linea, ma quello di Rieti ha giocato d’ anticipo ed ha già fatto in modo che il sindaco formalizzasse la denuncia nella sede più appropriata. È partito in quarta anche il Codacons, annunciando un esposto per truffa aggravata. Il risultato? «Una bolla di sapone, si va verso l’ insussistenza della notizia di reato», ha già commentato il procuratore di Rieti. In pratica, sarebbe stato già chiarito che i fondi raccolti con gli sms non sono spariti, ma sono gestiti dalla Protezione civile, che il 17 luglio scorso ha definito una prima ripartizione tra i Comuni terremotati valutando singoli progetti già approvati. Quei soldi sono stati destinati a scuole, strade e strutture pubbliche di vari Comuni, anche quelli toccati dal terremoto ma non devastati come Amatrice, Accumoli e Arquata. A distribuire i fondi è stato il Comitato dei Garanti, composto da esponenti di Protezione civile, Regioni ed enti locali: tutti insieme hanno concordato gli aiuti anche in favore di chi ha subìto danni limitati. Non è una bella pagina quella che si sta scrivendo in proposito. È ancora una volta lo specchio di una sotterranea campagna elettorale sulla pelle dei terremotati e di chi ha donato anche solo due euro per aiutare chi ha perso tutto. Questa fibrillazione sui soldi donati (e non spariti) non fa bene alla conservazione di una civile convivenza e non aiuta il bene comune. Questa strategia del sospetto sempre e comunque è come una goccia di veleno che alla lunga rischia di soffocare quel sussulto di solidarietà che invece ha animato il periodo post -terremoto. È normale che un sindaco invochi il più possibile per i propri concittadini; non è normale invece che anche la voce di quel sindaco, per quanto di parte, venga strumentalizzata per altri scopi, pur di solleticare la pancia dell’ elettorato e populisticamente aizzarne la rabbia. Un equivoco di fondo, tuttavia, ha tratto in inganno anche chi ha donato rispondendo all’ appello alla solidarietà e inviando un sms al 45500. Un aiuto alle popolazioni terremotate è un’ espressione che lascia spazio a più interpretazioni: lascia ipotizzare che i soldi sarebbero poi stati distribuiti direttamente a chi ha perso la casa, ma anche – come è stato – che sarebbero stati utilizzati per coprire le spese della Protezione civile relativamente alle opere pubbliche. Forse è su questo che si dovrebbe discutere: sulle modalità, non sulle ipotetiche truffe. Perché probabilmente sarebbe più utile mettere chi ha perso la casa nelle condizioni materiali di ricostruirla, piuttosto che realizzare casette provvisorie in legno pur di dare un tetto e poi sparire, come è successo in Basilicata dopo il terremoto dell’ 80. La questione è di metodo più che di merito, ma così facendo sarebbe meno funzionale alle esigenze elettorali dei partiti. Perciò, non prendiamoci in giro. Onofrio Pagone
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