“Furbetti”? chiamamioli con il loro nome
- fonte:
- Il Biellese
E’ il tema del momento, considerato che, come afferma Codacons Piemonte, se il vaccino somministrato ai soggetti non aventi diritto fosse stato destinato, come dovuto ed in rispetto al piano vaccinale, agli ultraottantenni, «non si sarebbe corso il rischio del 30 per cento di loro morti, se contagiati». Quindi, per favore, non chiamiamoli “furbetti”, ma con il loro vero nome, drammaticamente, nei confronti del dovere sociale ed etico. se hanno commesso davvero irregolarità, loro colpa non è lieve: non hanno, per esempio, saltato la coda al supermercato o evaso le tasse di una ristrutturazione, ma è una colpa grave nei confronti dei concittadini più fragili di loro, a cui hanno sottratto una opzione di salvezza. C’è anche qualcuno che ritiene che i meriti accumulati nella propria carriera professionale o di volontariato, garantisca comunque il diritto di accedere al vaccino. Non è così: purtroppo non è la patacca o i gradi sul risvolto della giacca che garantiscono questo diritto! Qui non stiamo parlando di distribuzione di benemerenze, cene di celebrazione, premi alla carriera, diritti di notorietà, riflettori vari, ma di vita e di morte. Quindi, tornando alla domanda di cui al titolo, penso proprio, invece, che “in attività” voglia dire il dover essere tutti i giorni a contatto con gente potenzialmente contagiata e pericolosa per il Covid ed in un ambiente a rischio. Partita Iva o meno, può anche capitare che eventualmente ad un ex operatore venga richiesto di incontrare e visitare qualche persona o un amico a rischio Covid, ma capiamo benissimo come questa probabilità sia decisamente inferiore alla probabilità di contagio e di morte di un ultraottantenne. Certo: è sempre un problema di Interpretazione delle normative, prima di tutto è un problema di responsabilità individuale. Oltre che civile.
- Sezioni:
- Rassegna Stampa
- Aree Tematiche:
- SANITA'
- Tags: vaccinazione, vaccini, vaccino