11 Settembre 2009

Fondi, il governo rispolvera l’equalizzatore. Poi ci ripensa

 Il meccanismo di livellamento fiscale è stato cancellato all’ultimo minuto dal decreto Ronchi approvato mercoledì dal consiglio dei ministri

Un tentativo di mettere la sordina a un fastidioso dossier aperto dal 2002 o una svista da cancellare in zona Cesarini? Difficile rispondere a questa domanda. Quel che è certo è che il governo mercoledì scorso aveva deciso di reintrodurre l’equalizzatore per i fondi comuni, ma poi, all’ultimo minuto, ci ha ripensato. Si tratta del meccanismo che, attraverso formule matematiche, allinea dal punto di vista fiscale i fondi italiani (svantaggiati perché hanno un prelievo sul maturato) a quelli esteri (che sono invece tassati sul realizzato, ovvero al momento della vendita della quota).  L’equalizzatore era stato introdotto nel ’98 dall’allora ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, ma successivamente fu impugnato dal Codacons e sospeso dal Tar del Lazio. E alla fine fu cancellato nel 2001 proprio dal governo Berlusconi che però non ha previsto altre misure correttive per eliminare le penalizzazioni dei prodotti italiani (destinati ad accumulare crediti d’imposta). La reintroduzione dell’equalizzatore sembrerebbe quindi quanto meno bizzarra. Ma il comma che lo rispolverava è stato scritto nero su bianco all’articolo 12 della bozza del decreto legge Ronchi (sulle infrazioni comunitarie) di cui MF/Milano Finanza è entrata in possesso, presentato al pre-consiglio dei ministri martedì 8 settembre. «I proventi di cui ai commi 1 e 2 (ovvero i fondi esteri armonizzati e i fondi esteri non armonizzati, ndr) per i quali sia superiore ai 12 mesi il periodo intercorrente tra la data di acquisizione e quella di rimborso o cessione delle quote o azioni concorrono a formare il reddito imponibile per un ammontare che si ottiene applicando al loro importo gli elementi di rettifica finalizzati a rendere equivalenti la tassazione in base alle realizzazione (prevista per i fondi di diritto estero, ndr) con quella in base alla maturazione (che vale per i fondi di diritto italiano, ndr)», si legge nella bozza. All’ultimo minuto però, il documento è stato modificato, cancellando proprio il comma otto che prevedeva l’equalizzatore. Il consiglio dei ministri di mercoledì ha affrontato così solo il nodo comunitario, lasciando vivi esclusivamente gli articoli che hanno introdotto la tassazione al 12,5% anche per i fondi non armonizzati, prima tassati secondo l’aliquota marginale dell’investitore. Una disparità di trattamento che era finita nel mirino di Bruxelles e che il governo italiano è stato obbligato a cancellare allineando la tassazione al 12,5% per tutti i tipi di fondi, armonizzati o non armonizzati che siano.Ma il problema della disparità di trattamento fiscale tra fondi di diritto italiano ed esteri non è stato risolto. È noto che il ministero dell’Economia e delle Finanze sta già lavorando in tal senso, e la bozza del decreto legge Ronchi ne è la prova. Ma la scelta di quali strade seguire è tutt’altro che secondaria. Assogestioni, l’associazione delle sgr che operano in Italia, guidata da Marcello Messori, chiede da anni di allineare i fondi italiani a quelli esteri, prevedendo per tutti la tassazione sul realizzato. E per i crediti d’imposta pregressi che gravano sui prodotti italiani a causa del prelievo sul maturato (5 miliardi di euro) propone una sorta di mercato secondario tra operatori per utilizzarli in compensazione delle imposte da essi dovute. Nei loro desiderata non c’è nessun tipo di equalizzatore.

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