Fedez: “Codacons vuole bloccare le donazioni”
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fonte:
- Il Fatto Quotidiano
Parafrasando un noto proverbio, si potrebbe dire che tanto il Codacons è andato al comunicato stampa che ci ha lasciato lo zampino. Che, nella bagarre scatenatasi ieri a colpi di tweet e di storie su Instagram, ha preso le sembianze di Fedez che ha scoperto il peccato originale dell’ associazione per la difesa dell’ ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori: pubblicare in media 4 comunicati al giorno. Ma che poi lo facciano per costituirsi parte civile nel maggior numero di processi e ottenere il risarcimento è un’ altra storia. Qui ci occupiamo di quella che ha coinvolto il rapper. Che andiamo a ricapitolare. Il 25 marzo il Codacons ha chiesto che GoFundMe restituisca agli utenti quanto incassato attraverso commissioni ingannevoli e costi occulti applicati alle donazioni per l’ emergenza Coronavirus. Si tratta della piattaforma usata dai Ferragnez per raccogliere 4 milioni di euro a favore dell’ ospedale San Raffaele. Ma i tanti italiani che hanno contribuito si sono trovati a donare anche a GoFundMe, spesso senza esserne consapevoli, come ha spiegato l’ Antitrust che ha aperto un’ indagine, dopo la denuncia del Fatto, imponendo la cessazione delle commissioni. Il Codacons ha così chiesto che queste commissioni vengano “restituite ai donatori”. Apriti cielo. Prima Fedez ha chiesto che l’ associazione ritirasse la richiesta per evitare che i soldi destinati agli ospedali venissero bloccati e poi ha lanciato l’ accusa: “È il Codacons ad aver lanciato una campagna di crowdfunding per aiutare se stessa inserendo sulla propria home page un richiamo al Coronavirus”. Insomma, per Fedez si rischia di donare soldi a un’ associazione che con l’ emergenza non c’ entra niente. Ma c’ è di più: si spiega che chi lo fa può anche risparmiare sulle tasse future, perché sono previste agevolazioni fiscali. Il presidente del Codacons Carlo Rienzi ha smentito che le donazioni ricevute vadano alla sua associazione, spiegando che “sono già 33 le azioni, diffide, ricorsi e denunce fatte sul problema del Coronavirus”. Fatto sta che oltre alla raccolta fondi, tra i loro comunicati si possono trovare le indicazioni sui servizi messi a disposizione: ma sono numeri a pagamento, così come hanno un costo i moduli da scaricare. E se si decide di aderire, dopo aver pagato su Paypal, ci si ritroverà iscritti all’ associazione. Forse senza saperlo. Così come non erano a conoscenza delle commissioni gli utenti che hanno donato su GoFundMe.
patrizia de rubertis
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