Euro: chi si è arricchito e chi ha pagato
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fonte:
- Panorama
Aumenti di qua, rincari di là, dalle assicurazioni al gas, dal cappuccino agli zainetti della scuola
Dai pomodori agli zainetti, per non parlare di bar, assicurazioni, trasporti. I consumatori denunciano: «È aumentato tutto». Risultato: 3 milioni di lire sborsati in più da ogni famiglia. Così tra gli italiani cresce il rimpianto.
Poi salta su uno che magari pensa di apparire originale: «Venite da noi, potete pagare ancora in lire». E la gente, come è accaduto sabato 14 dicembre nell`ormai famoso megastore di calzature a Ozzero, hinterland sud di Milano, fa la fila, quasi in lacrime, per comprare con le vecchie lirette dimenticate dentro il materasso.
Per forza. Se l`effetto nuovo corso è quello calcolato dall`Intesa dei consumatori, altro che rimpianti: 1.505 euro in più a famiglia è costato, solo nel 2002, l`avvento della moneta unica. Aumenti di qua, rincari di là, dalle assicurazioni al gas, dal cappuccino agli zainetti della scuola.
Un elenco sterminato. Il tutto documentato in 100 mila email, 10 mila fax e 500 mila segnalazioni da parte di cittadini infuriati, in pratica altrettanti atti d`accusa che l`Intesa ha raccolto in un Dossier euro di fine anno che Panorama è in grado di anticipare. Totale: il 6,6 per cento di uscite aggiuntive.
Hai un bel dire che la nostalgia per i bei tempi andati attanaglia pure tedeschi e francesi. Che la corsa ai rialzi si è registrata in tutte le nazioni d`Europa (ma non è completamente vero, se la Germania è ferma a un carovita dell`1 per cento). E che ovunque pari essersi allargata la forbice tra inflazione reale (o meglio ufficiale, misurata dagli enti di statistica) e percepita (cioè osservata direttamente dalle famiglie, di tasca loro). Magre consolazioni.
La verità è un`altra: gli italiani dall`arrivo dell`euro hanno subito una mazzata terribile. Che si è ripercossa nel portafoglio ma anche a livello psicologico, tanto che fior di studiosi sono lì a strologare sulle future conseguenze del cosiddetto «effetto povertà».
Insomma, la sensazione è di trovarsi di fronte se non proprio a una truffa, a un mezzo disastro. Una conferma? Nell`Eurobarometro appena diffuso dalla Commissione di Bruxelles per stendere il bilancio di questi 12 mesi, il 13,9 per cento degli italiani confessa di avere ancora «molte difficoltà»: un record. E il 90,5 per cento ritiene che «nella conversione dalla lira ci abbia rimesso chi fa la spesa».
Meglio sarebbe cominciare a buttare sul piatto qualche rimedio. Lo ha capito Carlo Azeglio Ciampi, che per primo fra politici, governanti e personalità delle istituzioni ha parlato di uno «scalino nei prezzi». E nei giorni scorsi, dopo molto minimizzare o addirittura negare, pure il ministro dell`Economia Giulio Tremonti ha dovuto ammettere che sì, probabilmente sono state un po` «sottovalutate le ripercussioni dell`euro sull`inflazione», anche perché, purtroppo è vero, «molti ne hanno approfittato».
Meglio tardi che mai. Peccato che la frittata sia fatta. «L`interfono della Chicco era in vendita a 115 mila lire, ora costa 115 euro» lamenta Luisa all`Eurosportello dei consumatori, con tanto di nome e cognome del negozio, a ribadire che ormai siamo all`equivalenza 1 euro uguale 1.000 lire. Alla faccia della mitica cifra di 1.936,27. «Il parcheggio sul lungomare di Formia è balzato da 5 mila lire a 5 euro» conferma Gianni. «Il mio parrucchiere ha incrementato la tariffa della messa in piega del 30 per cento» si indigna Rosella. Ancora, Giuseppe: «La rata di iscrizione dell`università è aumentata di ben 164 euro». Per terminare con il grido di dolore di Livio: «Mi rendo conto che interesserà a pochi, ma i miei fumetti da 4.500 lire sono saliti a 2,50 euro». E via di questo passo.
«Una Caporetto» taglia corto Elio Lannutti, presidente dell`Adusbef, una delle quattro organizzazioni (con Federconsumatori, Adoc e Codacons) riunite nell`Intesa.
«Così» prosegue «ci siamo presi la briga di fare i conti, utilizzando un paio di basi di partenza fornite dall`Istat, il nostro caro, vecchio nemico: la famiglia tipo, quella con un reddito annuo di 26 mila 400 euro, e l`indagine sulla spesa degli italiani condotta proprio dall`istituto di statistica. Ovviamente abbiamo aggiornato il paniere secondo i comportamenti d`acquisto reali et voilà».
Tutto messo nero su bianco: alimentari, dai 2 mila euro spesi nel 2001 ai 2.343 di quest`anno (più 17,1 per cento); servizi bancari, da 353 a 405 (più 14,7); assicurazioni, da 1.250 a 1.380 (più 10,4). Eccetera, eccetera. Risultato: i famigerati 1.505 euro scuciti inaspettatamente, il 6,6 per cento in più.
Tre milioni di lire, mica bazzecole. Il doppio di quanto stimato dal presidente dell`Istat, Luigi Biggeri. Ma si sa, lui applica il suo indice per fotografare l`inflazione, che è cresciuta in lenta progressione fino al 2,8 per cento, ma che rimane parecchio lontana dalla percezione degli italiani (che notano rialzi almeno doppi) e, ancor di più, da quella sbandierata dai movimenti consumatori. Da qui l`aspro contenzioso con l`Istat, arrivato ai tribunali. «Certo, oggi siamo all`8 per cento» assicura Gian Maria Fara, presidente dell`Eurispes, che per conto di altre otto associazioni, riunite sotto la sigla Coalizione dei consumatori, sta addirittura preparando un contropaniere sul carovita. «Bisognerebbe smetterla di comportarsi come gli struzzi, di negare l`evidenza. E non si può parlare di arrotondamenti o ritocchi, ma di autentiche speculazioni».
Sul banco degli imputati finiscono dritti dritti i commercianti, che a loro volta si difendono (intervista con Sergio Billè a pagina 44) indicando le responsabilità a monte, cioè sugli imprenditori, e di lato, vale a dire sui servizi. «Beh, noi c`entriamo assai poco» scuote la testa Giampaolo Galli, responsabile del Centro studi della Confindustria: «Gli aumenti sono nati nei rapporti dettaglianti-consumatori e non fra produttori e grossisti. Quanto ai servizi, non c`è dubbio: dove esiste scarsa concorrenza cresce il rischio inflazione. E l`inflazione fa perdere competitività al Paese».
Un bello scaricabarile. In ogni caso, un circolo vizioso. Con una vittima designata: il cittadino-consumatore. Davvero non si poteva evitare di ritrovarci a contare le perdite? «Quanto meno si sarebbe dovuto mantenere il doppio regime dei prezzi lira-euro per tutto l`anno e non solo per due mesi» sostiene Carlo Rienzi, leader del Codacons.
«La gente avrebbe potuto difendersi dai furbi. Invece niente: nessuna sanzione per chi ha approfittato dell`euro per arricchirsi, nessun bonus fiscale a parziale rimborso per le famiglie, come pure abbiamo richiesto, perché i conti pubblici non lo consentono».
E per l`anno prossimo? «L`unica soluzione è difendersi da soli» incalza Lannutti. Che, con il giornalista Michele Gambino, ha scritto un libro dal titolo inequivocabile: Euro, la rapina del secolo. Chiuso da un Manuale di sopravvivenza per il 2003. Opportuno, dal momento che la tentazione di ulteriori rincari è in agguato: le Ferrovie, per esempio, hanno già annunciato per gennaio ritocchi del 3,5-4 per cento.
Morale di fine anno: avrà pure ragione un fior di economista come Francesco Giavazzi (intervista a fianco) quando sostiene che i nostalgici della lira non hanno idea di quanto sarebbe costato, ben di più, restare fuori dalla moneta unica.
È altrettanto vero, però, che nessuno aveva detto agli italiani che avrebbero dovuto pagare una specie di seconda eurotassa: 1.505 euro, appunto, il famoso scalino di Ciampi. Quello resterà per sempre, anche se i prezzi, è augurabile, si fermeranno. E stavolta nessuno penserà a restituirci i soldi.
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