Doppia inchiesta sulle Rsa Scatta il blitz in 13 strutture: direttive e Dpi sotto la lente
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fonte:
- Corriere del Trentino
TRENTO La pioggia notturna ha lasciato spazio a un timido sole. Sono le nove del mattino, gli anziani nelle case di riposo hanno probabilmente già fatto tutti colazione quando i carabinieri bussano alla porta. In mano un decreto di acquisizione documentale firmato dal procuratore di Trento Sandro Raimondi e dal sostituto Marco Gallina e un secondo del pm Fabrizio de Angelis della Procura di Rovereto. È l’ inizio di una lunga giornata per i carabinieri del Nas di Trento, i colleghi arrivati da Padova, e i militari delle diverse stazioni del Trentino, coordinati dal reparto operativo del comando provinciale, che hanno passato al setaccio direttive, linee guida e cartelle cliniche di 13 strutture trentine nell’ ambito dell’ inchiesta della Procura di Trento sulle residenze sanitarie assistenziali. L’ ipotesi di reato resta pandemia colposa, ma ora i due pm ipotizzano anche la violazione delle norme di prevenzione e degli obblighi del datore di lavoro previsti nel Testo unico sulla sicurezza. Un passaggio in più significativo. Sono al lavoro anche i carabinieri della pg del Tribunale, ma non c’ è solo la Procura di Trento che sta cercando di far luce sull’ immensa tragedia che ha piegato molte case di riposo spezzando la vita di tanti anziani. Ora anche la Procura di Rovereto ha aperto un fascicolo ipotizzando non per pandemia, ma per omicidio colposo. Gli investigatori dell’ Arma vogliono fotografare e cristallizzare la situazione per capire come è stata affrontata l’ emergenza Covid, se ci sono stati errori oppure omissioni, nelle singole strutture, in particolare in quelle dove si è registrato il maggior numero di decessi, come ad esempio la Rsa Santo Spirito Fondazione Montel di Pergine che ha pagato un prezzo molto alto perdendo 58 anziani. Sono complessivamente 298 i decessi registrati nelle case di riposo del Trentino (i dati si riferiscono al periodo dal primo marzo al 23 aprile ndr) per o con Covid. Nei giorni scorsi i carabinieri si erano presentati negli uffici della Provincia e dell’ Azienda sanitaria, ieri invece sono andati a Villa Belfonte di Villazzano (dove si sono registrati 20 decessi da inizio emergenza), a Cavedine (16 decessi), all’ Apsp San Giovanni di Mezzolombardo (che ha perso 16 ospiti), alla Fondazione Comunità di Arco (49 decessi), all’ Apsp Città di Riva (18), all’ Apsp Giudicarie Esteriori (27). I carabinieri hanno acquisito documenti anche nella Residenza Molino di Dro (che ha perso 16 ospiti), nell’ Apsp Giacomo Cis di Ledro (27), nella casa di cura don Ziglio di Levico (4 decessi), nell’ Apsp San Gaetano di Predazzo (15 ospiti deceduti), nell’ Apsp Santa Maria di Cles (26) e infine sono andati nella struttura di Pellizzano dove si sono registrati 20 morti. La mission dei militari è quella di verificare ogni dettaglio e soprattutto cercare di ricostruire la gestione dell’ emergenza nelle diverse strutture e capire chi è il paziente zero di ogni singola rsa. Un elemento importante per ricostruire a posteriori come si è diffuso il contagio e da dove è arrivato. La Procura, che si è mossa dopo alcuni esposti del Codacons e di una famiglia di un anziano morto a Pergine, ha dato diverse indicazioni per ricostruire figure apicali, competenze, valutazione dei rischi, protocolli e atti sanitari, sia riferiti agli ospiti che al personale sanitario. Molti operatori si sono ammalati, soprattutto all’ inizio e sono stati responsabili inconsapevoli della diffusione del contagio perché mancavano Dpi e non venivano fatti tamponi, una politica che è stata poi modificata nel tempo. «Ora si stanno facendo a tappeto e con una procedura semplificata», spiega la presidente di Upipa, Francesca Parolari. Era stata proprio l’ Unione provinciale per l’ assistenza, insieme ai sindacati, a rimarcare la necessità di tamponare il personale e a sollecitare un’ accelerazione da parte dell’ azienda sanitaria. I carabinieri, una cinquantina in tutto, hanno lavorato fino a tarda sera per acquisire la documentazione in copia anche relativa a eventuali cooperative o strutture esterne che fornivano un servizio, come la mensa, ad esempio, e verificare l’ utilizzo di stoviglie monouso e Dpi. I militari avvolti da tute bianche e con il volto coperto da mascherine e visiere, sono entrati anche nei reparti Covid. È un lavoro lungo e certosino di analisi e valutazione quello aspetta ora gli inquirenti, ci vorranno settimane. «Tutte le strutture hanno dato la massima disponibilità a fornire quanto richiesto non abbiamo nulla da nascondere», spiega Parolari. E aggiunge: «È stato fatto tutto il possibile, abbiamo applicato immediatamente tutte le indicazioni, ma di fronte a un virus così aggressivo anche le direttive che ci venivano fornite dall’ Istituto superiore di sanità e dall’ azienda sanitaria mutavano di volta in volta e venivano adeguate all’ esperienza». La Procura intende verificare anche la tempistica, la chiusura delle strutture e i nuovi ingressi. «Sono stati bloccati verso metà marzo – precisa la presidente di Upipa – li gestivamo, avevamo attivato zone filtro».
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