Donne a Sanremo: primo premio alla polemica più idiota di sempre
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fonte:
- Il Fatto Quotidiano
A Sanremo c’ è già un vincitore, ed è il premio alla polemica più idiota del secolo, ovvero quella sulle presenze femminili al prossimo Festival. Tra l’ altro, farei notare che l’ unico nome femminile a non aver innescato polemiche e che invece le meriterebbe è “Rita”, ovvero il terzo nome del conduttore che per chi non lo sapesse all’ anagrafe si chiama “Amedeo Umberto Rita Sebastiani”. Perché Amadeus ha un nome femminile? La madre, al momento di registrarlo, aveva già previsto le rotture di coglioni che avrebbe dovuto affrontare questo povero uomo in occasione del suo primo Sanremo e voleva regalargli una sorta di par condicio anagrafica? Mistero. Partiamo dall’ inizio. I primi di dicembre, nella lista di papabili vallette, qualcuno fa il nome di Chiara Ferragni. Apriti cielo. Se Amadeus avesse detto: “Conduco Sanremo, ma quest’ anno non voglio fiori sul palco, solo piante di marijuana”, sarebbe successo meno casino. Il Codacons interviene con un comunicato durissimo: “Pronti a denunciare se la Rai ingaggerà la Ferragni come valletta. Non è un modello adatto. È stata oggetto di numerose denunce con riferimento all’ utilizzo che la stessa fa su Instagram del proprio figlio, utilizzato a scopo commerciale”. Ora, a parte che ragionando con gli stessi parametri la prima azienda della storia ad aver sfruttato i bambini a scopi commerciali al limite è la Rai con lo Zecchino d’ oro, Chiara Ferragni, in realtà, a livello simbolico rappresenta un modello femminile molto più positivo di tante altre figure evanescenti che sono apparse su quel palco negli anni. Non è la valletta straniera con cui il conduttore dovrebbe improvvisare gag idiote sull’ italiano maccheronico parlato dalla modella di turno, non è la moglie di, l’ assistita dalla scuderia di, la miracolata da. Chiara Ferragni, con tutti i difetti del caso, è la prima e l’ unica imprenditrice italiana ad aver creato un impero sul tramite i social e ad avere una fama internazionale grazie ai social, senza cognomi altisonanti e partenze agevolate da compagni famosi o risorse economiche importanti. È una self (e selfie) made woman, e sebbene non sia il riferimento intellettuale del Bloomsbury Group né la stella polare del neo-femminismo, direi che rispetto alle tante modelle senza storia e senza voce che hanno ripetuto con voce robotica battute patetiche sulla pastasciutta o hanno cantato “O sole mio” con l’ intonazione del camionista ubriaco, siamo nel futuro. Scartata l’ ipotesi Ferragni è venuto fuori il nome Rula Jebrael. Israeliana di origini palestinesi naturalizzata italiana, la povera Rula ha appena scoperto che la striscia di Gaza, al confronto con Sanremo, è un giardinetto zen. Vista come una temibile minaccia dalla fazione sovranista, il suo nome è stato in forse per intere, lunghissime giornate in cui ci si interrogava con timore su quali minacciosi contenuti avrebbe potuto veicolare quella spaventosa macchina della propaganda che è Rula Jebrael. Una donna impegnata, pensante, che potrebbe decidere di lanciare da Sanremo messaggi straordinari, rivoluzionari, destabilizzanti quali “basta campagne xenofobe” e neppure facilmente liquidabile con “cesso” o “culona inchiavabile”, è davvero una mina vaganti che merita censura o almeno prudenza. “Sanremo non è luogo per parlare di politica!”, si tuona in questo sciagurato paese, mentre il conduttore Ricky Gervais dal palco dei Golden Globe dice a Tim Cook, seduto in prima fila, che “Apple sfrutta i bambini cinesi e agli attori lì presenti che loro non si pongono domande sulle aziende per cui lavorano, che lavorerebbero per chiunque, pure per l’ Isis se avviasse un servizio di streaming e che quindi non devono fare discorsi politici durante i ringraziamenti ma piuttosto andare affanculo. Ecco. E a noi fa paura Rula Jebreal. Non solo. A quel punto le si impone la cosa più sessista che si possa imporre a una donna: stabilire i confini del suo pensiero e circoscriverli in un’ area rassicurante, trasversale: “Se vuoi fare Sanremo puoi parlare solo di donne”, le si spiega. Fossi al posto di Rula direi sì e una volta sul palco, in diretta, darei fuoco al manichino di Trump. O mi toglierei la maschera in lattice e sarei Carola Rackete. E darei ad Amadeus dell’ islamofobo perché il suo nome d’ arte significa “Che ama Dio”. Farei rimpiangere a tutti di non aver chiamato la Murgia al posto mio. Ma non finisce qui. Perfino la presenza di Rita Pavone a Sanremo fa paura. Lei perché troppo “sovranista”. Del resto “Viva la pappa col pomodoro” oggi sembra la didascalia di un selfie qualunque di Salvini, ne convengo. Ed è a quel punto, dopo lo stillicidio delle inutili, ennesime polemiche sulle donne a Sanremo, che Amadeus ha capito. Ha capito che a noi va bene Diletta Leotta, così preoccupata per l’ emancipazione femminile da cancellare sulla sua bacheca i commenti di chi le dice “rifatta” e di lasciare intatte le gare pecorecce tra chi le dedica il complimento più volgare. Va bene la fidanzata di Ronaldo Georgina nota per essere la fidanzata di Ronaldo Georgina. Va bene la fidanzata di Valentino Rossi Francesca Sofia Novello nota per essere la fidanzata di Valentino Rossi Francesca Sofia Novello. Su di loro nessuna polemica. Nessuna polemica sul fatto che le cantanti donne siano 7 su 24 (l’ anno scorso 6), che gli autori del Festival siano quasi tutti uomini (forse ci sarà una donna, l’ anno scorso c’ era una donna su 11 autori), che i padroni di casa siano quasi sempre uomini e così via. Insomma, le polemiche su Sanremo in fatto di presenze femminili sono come le canzoni a Sanremo: non vince mai quella più meritevole.
selvaggia lucarelli
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Tags: Chiara Ferragni, Festival, sanremo