Divieto fumoso
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fonte:
- Libero
Sempre più sulla bocca di tutti, le sigarette elettroniche fanno la fine delle bionde. Sarebbe il caso di vietarle nei luoghi pubblici, evitando le spipazzate al bar dopo il caffé, o al ristorante, tra una portata e l’ altra, e negli uffici frequentati da altri. E dunque, l’ Italia pare orientata a seguire il modello francese, che le tiene a distanza di sicurezza, esattamente a 7,5 metri lontane dai suoi caffè. Il divieto si estenderebbe naturalmente anche alle scuole, decisione che punta a proteggere le fasce deboli, minori e donne in gravidanza. Questo è il parere, peraltro non vincolante, che il Consiglio superiore di sanità (Css) ha trasmesso al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Anche se, per la verità, le disposizioni non appaiono così chiare. Nel senso: fa male davvero come le sigarette normali? In che misura? Perché? Per ora non s’ è capito. Come dire: un divieto… fumoso. D’ altro canto, sarà pur vero che l’ e-cig – la sigaretta elettronica – non brucia carta e non produce catrame, e può anche aiutare a smettere con quelle normali. Ma Bertrand Dautzenberg, professore di Pneumologia dell’ Università Pierre et Marie Curie di Parigi, dichiara che non è affatto possibile dichiararla sana al 100%, senza contare che il suo libero uso potrebbe incitare al consumo. Anche l’ italiano professor Silvio Garattini, direttore dell’ Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri, è d’ accordo sul divieto: «Non ci sono dati controllati con test scientifici adeguati che permettano di stabilire se la sigaretta elettronica sia in grado, in quale misura e per quanto tempo, di disintossicare dall’ abuso del tabacco». E poi «non si sa con certezza quanta nicotina viene aspirata con la sigaretta elettronica». Il professore spiega: «Ci sono modelli che rilasciano nicotina, mentre altri impiegano sostanze chimiche, producono la sensazione di aspirare vaniglia, fragola o cioccolato, e non ci sono studi che attestino la sicurezza di questi composti, e gli eventuali danni a lungo termine». E pure è allarmante che molti giovani inizino a fumare proprio con le sigarette elettroniche, come se fosse un accessorio di tendenza, rischiando di diventare dipendenti dal tabacco senza aver di fatto mai fumato una sigaretta «vera». Tanto più che il mercato delle sigarette a vapore nel nostro Paese, secondo i dati dell’ Anafe (Associazione nazionale fumo elettronico), toccherà nel 2013 i 350 milioni di fatturato: un business enorme. E in crescita, perlomeno fino ad ora. Non è tutto. Secondo un’ indagine svolta dalla Doxa per l’ Istituto superiore di sanità, circa 500.000 fumatori sono passati abitualmente alla e-cig, spesso abbinandola a quella tradizionale. Piace, soprattutto a giovani e giovanissimi, anche perché si pensa che, come detto, le sigarette elettroniche facciano meno male e possano essere utili a smettere con le bionde tradizionali. Nella fascia d’ età 15-24 anni, infatti, la prevalenza dei consumatori di e-cig è più del doppio rispetto ai consumatori di sigarette tradizionali. Dallo studio emerge però che solo il 10% di chi è passato alla e-cig (in genere da non più di qualche mese) ha effettivamente detto addio alle bionde. Sei su dieci tra i consumatori abituali, invece, stanno riducendo (chi poco, chi drasticamente) il fumo delle sigarette al tabacco, mentre c’ è uno zoccolo duro, circa il 22%, che non ha cambiato le sue abitudini rispetto alle bionde e fuma le une e le altre. Addirittura. Si spera dunque di porre un freno, almeno a chi non ha ancora preso il vizio, con il divieto di fumarle nei luoghi pubblici. Un divieto che piace soprattutto a chi non fuma, costretto finora a respirare quella nuvoletta grigia emessa dal maldestro vicino di tavolo, che nemmeno al ristorante riesce a trattenersi. Potrà tirare finalmente un sospiro di sollievo anche la vecchina che all’ ufficio postale si ritrova sempre accanto al signore che «svapora» convinto di non dare fastidio a nessuno. Esulta il Codacons. «Sono state accolte in pieno le nostre richieste. Ora non servono altri passaggi: basterà applicare le norme vigenti, compresa la legge Sirchia, anche alle sigarette elettroniche, così da far valere il divieto nei luoghi pubblici», dice il presidente Rienzi. «La comunità scientifica – aggiunge, – non ha ancora raggiunto risultati certi che possano affermare con sicurezza l’ assoluta non nocività dell’ utilizzo della sigaretta elettronica. In particolare, sino a quando gli studi in materia di diffusione di sostanze nocive da parte delle e-cigarettes non avranno condotto a risultati certi e condivisi in termini di esclusione dei rischi, appare illogico considerare che il divieto di fumo nei luoghi pubblici non si riferisca, per analogia, anche alle sigarette elettroniche». Ora però, conclude Rienzi, dovranno scattare i controlli nei bar, ristoranti e locali pubblici; e nei confronti dei fumatori di sigarette elettroniche dovranno essere elevate le stesse sanzioni previste per i fumatori di sigarette tradizionali». Ben detto.
daniela mastromattei
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