27 Marzo 2018

Disabili picchiati e trascinati dai Padri Trinitari di Venosa

otto arresti nell’ istituto degli orrori considerato finora una eccellenza
Francesco LoscalzoPotenza. Calci, pugni, schiaffi, spintoni e disabili inermi trascinati per terra: sono le immagini (a cui vanno aggiunte le urla strazianti) dell’«inaccettabile e penoso sistema di vita quotidiano» scoperto dai carabinieri del Nas nell’ Istituto riabilitativo dei Padri Trinitari di Venosa (in provincia di Potenza). L’ inchiesta della Procura della Repubblica di Potenza, denominata “Riabilitazione invisibile”, ha portato agli arresti domiciliari di otto dipendenti, tra educatori e assistenti disabili. Divieto di dimora a Venosa, invece, per il coordinatore degli educatori e degli assistenti disabili e per altri tre educatori. Un altro divieto di dimora – da Venosa e da Bernalda (Matera), dove è attivo un altro centro di riabilitazione – è stato notificato a padre Angelo Cipollone, dei Padri Trinitari, direttore e legale rappresentante dell’ Istituto, che ha tenuto – secondo l’ accusa – una «condotta omissiva» rispetto a «una serie continua di maltrattamenti» che avvenivano anche all’ interno degli spazi condivisi. Il gip del capoluogo lucano, Michela Tiziana Petrocelli, ha inoltre disposto la sospensione e l’ interdizione dalla professione per un neuropsichiatra infantile e per un medico, per un totale, quindi, di 15 persone coinvolte, a vario titolo, per concorso in maltrattamenti, falsità ideologica e omissione di atti d’ ufficio. È ovviamente un’ inchiesta che sta facendo «rumore» anche sui social. Del resto si tratta di una struttura sanitaria da molti definita di eccellenza, e che invece ora si è trasformata – secondo l’ accusa degli investigatori – in una «casa degli orrori». A Venosa sono 140 gli ospiti, provenienti dalla Basilicata e da altre regioni meridionali, di tutte le età, ma soprattutto giovanissimi, affetti dalla sindrome di Down, da autismo o da altre malattie psichiche. Le indagini sono cominciate dopo la denuncia della madre di un paziente. Dopo avere notato «ematomi e graffi» sul corpo del figlio, la donna si era rivolta al personale dell’ Istituto di riabilitazione, ricevendo in risposta «sempre spiegazioni evasive e di comodo». In seguito alla segnalazione della donna agli investigatori, sono così partite le intercettazioni, audio e video, che hanno portato alla richiesta di misure cautelari. Nei prossimi giorni, l’ inchiesta potrebbe allargarsi ulteriormente. Nel frattempo, il Codacons chiede «subito telecamere di sorveglianza in tutte le case di cura e le strutture sanitarie che si occupano di anziani e disabili», mentre l’ Associazione dei genitori parla dell’ inchiesta e delle misure cautelari come «un atto di irresponsabilità e di deliberato sabotaggio: azioni ritorsive, azioni ricattatorie non possono essere usate per annientare o infangare la gloriosa storia di assistenza e di servizio resi dall’ Istituto, struttura sanitaria di eccellenza».

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