27 Gennaio 2012

Cresce il divario tra i salari e i prezzi Retribuzioni ai minimi dal 1995   

Cresce il divario tra i salari e i prezzi Retribuzioni ai minimi dal 1995 
  lavoro. secondo l’ istat a dicembre gli stipendi sono rimasti fermi rispetto a novembre e hanno segnato +1,4 annuo. inflazione +3,3% diminuisce il potere d’ acquisto aspettative negative per il 2012 la fiducia dei consumatori è diminuita ai livelli del 1996.
 

ROMA Frenano i salari, crescono i prezzi e l’ Italia sembra essere tornata a metà anni Novanta, agli albori della seconda repubblica, quando l’ euro non c’ era e si spendevano le lire. La crescita dei salari, rivela l’ Istat, ha toccato i livelli più bassi da 12 anni e il divario con il costo della vita si è allargato sempre più, portando il Paese indietro di 16 anni. I numeri registrati dall’ Istat dicono che le retribuzioni contrattuali orarie a dicembre salgono dell’ 1,4% su base annua e restano ferme rispetto a novembre: per trovare un dato peggiore bisogna tornare a marzo 1999. Intanto i prezzi si mantengono su livelli alti (+3,3%). La forbice tra stipendi e prezzi si allarga fino a raggiungere la distanza maggiore da agosto 1995. Non è solo dicembre a riservare brutti numeri: se si guarda a tutto il 2011 il risultato non cambia, con i record che coincidono. I salari salgono dell’ 1,8%, come non accadeva dal 1999 e lo spread con l’ inflazione è ai massimi dal 1995. Le aspettative per il 2012 non sono incoraggianti, con la fiducia dei consumatori che a gennaio rimane ai minimi dal 1996. La conseguenza diretta del deterioramento dei guadagni e del rincaro del costo della vita è la perdita del potere d’ acquisto ed è per questa strada che avanza la povertà. D’ altra parte non è solo l’ Istat a certificare la sofferenza nei bilanci delle famiglie. Mercoledì la Banca d’ Italia aveva stimato un rilevante calo dei redditi. La crisi ha portato a un raffreddamento dell’ attività contrattuale che ha impedito molti rinnovi, congelando le buste paga in un momento in cui l’ inflazione ha ripreso a galoppare, spinta dal rincaro del prodotti energetici, sui cui ha pesato anche il rialzo delle accise per i carburanti, e dall’ incremento dell’ Iva. Con riferimento a dati aggiornati a dicembre (resta incluso l’ accordo per i bancari), l’ Istat registra 4,1 milioni di lavoratori con il contratto scaduto, di cui tre milioni sono dipendenti statali, toccati dal blocco del rinnovo. E chi continua a lavorare con un vecchio accordo, per vederselo aggiornare deve in media aspettare oltre due anni. Dai consumatori arrivano commenti preoccupati: secondo l’ Osservatorio di Federconsumatori, per una famiglia media monoreddito che percepisce 1.500 euro al mese il calo del potere di acquisto è di 342 euro l’ anno. Sulla stessa linea il Codacons, che lamenta come "i salari non siano stati salvaguardati dai rincari". Ai dati dell’ Istat reagiscono anche i sindacati, con il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che per far ripartire le buste paga propone "un patto sociale per la crescita, il lavoro e l’ equità". In allarme anche l’ Ugl: per il segretario generale Giovanni Centrella "L’ Italia senza ceto medio non ce la può fare".

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