24 Maggio 2013

«Così è naufragata la Costa Concordia»

«Così è naufragata la Costa Concordia»

        

Camilla Bianchi Una laurea in ingegneria elettronica e un dottorato di ricerca in ingegneria informatica in corso all’ Università di Brescia, Mario Piccinelli, trentenne di Lovere, è l’ ideatore degli strumenti software che hanno consentito di ricostruire il naufragio della Costa Concordia. Incaricato dal Codacons ? che ha reclutato esperti di diritto, nautica e informatica a difesa di un gruppo di naufraghi nel processo contro il comandante Francesco Schettino ?, Piccinelli, insieme a Paolo Gubian, docente della facoltà bresciana di Ingegneria, ha messo a punto un sistema in grado di leggere i dati dei computer di bordo della nave da crociera in mancanza della scatola nera, che la notte del disastro non funzionava. «Abbiamo ricostruito la dinamica dell’ incidente prima e dopo l’ impatto, sino al momento dell’ evacuazione della nave ? racconta ?. Le nostre conclusioni sono state confermate dalle perizie della Procura e da quelle della Capitaneria di porto. L’ attività di analisi condotta si è rivelata utile sia sul fronte della consulenza sia su quello scientifico. Il nostro è stato un lavoro innovativo in un territorio tutto da esplorare, non esistono infatti ricerche informatiche forensi su disastri nautici». Anche per questo sarà presentato in California, il prossimo agosto, alla conferenza internazionale di digital forensics di Monterey. Una sintesi dell’ analisi fatta dai due ingegneri è nel video di una ventina di minuti visibile su YouTube. Da quando Schettino prende il comando della nave (alle 21,38 del 13 gennaio 2012), pochi minuti prima dell’ impatto con gli scogli al largo dell’ isola del Giglio, sino all’ annuncio «abbandonare la nave» delle 22,36. Il video mostra le schermate del radar con i movimenti della Costa Concordia e fa sentire le telefonate e le chiamate via radio tra il comandante e gli ufficiali. Tutti dati che sono agli atti del processo. «Amma fa n’ chino al Giglio» («dobbiamo fare l’ inchino al Giglio») dice Schettino in plancia, pochi minuti prima di prendere il comando, commentando con i suoi che c’ è il rischio di finire sugli scogli. Alle 21,45 l’ impatto. Rumori sinistri seguiti dall’ ordine di «chiudere le porte stagne a poppa». Nel drammatico colloquio con il direttore di macchina tutta la tensione e la confusione di quei momenti. «L’ acqua entra a dritta in sala macchina» dice il direttore al comandante, che ordina di mettere in moto le pompe di emergenza. Ma il direttore fa sapere che le pompe sono fuori uso. Schettino commenta: «Mi stai dicendo che stiamo andando a fondo, praticamente». «Qui sta tutto allagato» replica il direttore di macchina. Ai passeggeri, e più tardi anche alla Capitaneria di porto che chiede notizie, viene comunicato che c’ è stato un blackout e che la situazione è sotto controllo. Alle 22 nella pancia della nave l’ acqua continua a salire, i generatori elettrici sono fuori uso, si fatica a mettere in moto le pompe di svuotamento. Dalla sala macchine si urla che tutto è perduto, bisogna andarsene di lì. «Diamo l’ emergenza, comandante, l’ acqua è salita sino a ponte zero, dobbiamo abbandonare la centrale». L’ evacuazione sarà completata solo sei ore più tardi. Il bilancio: 30 morti e 2 dispersi. Il lavoro di Gubian e Piccinelli ? fatto a titolo gratuito, il Codacons ha solo rimborsato le spese ? ha evidenziato «un certo lassismo sul ponte di comando e una reazione poco incisiva all’ evento da parte del comandante e del suo staff». A Schettino si contesta di non aver gestito rapidamente l’ allarme e di aver tardato ad evacuare la Costa Concordia. «Il punto chiave è proprio questo ? spiega l’ ingegnere bergamasco ?, stabilire quando il comandante ha realizzato che la nave era condannata e se l’ allarme è stato tardivo o no». Piccinelli non va oltre: «Il nostro lavoro è stato ricostruire quando e come gli avvenimenti in questione si sono verificati, la sentenza spetta ai giudici». nascosto
        

 
       

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