14 Luglio 2008

Consumatori, 47 milioni per fare da anti-Stato

Votate alla difesa del consumatore: agguerrite, preparate, specializzate; capaci di minacciare cause contro tutto e tutti. Le associazioni dei consumatori, i cani da guardia nel mercato dei beni e servizi, per difendere il cittadino che si barcamena tra beni e servizi non guardano in faccia a nessuno. Tranne che allo Stato. Perché da Roma le associazioni sono massicciamente finanziate.



FINANZIAMENTI A PIOGGIA


Eccola un’altra casta. Diversa, ma sempre casta: 47,7 milioni di euro in cinque anni, distribuiti a pioggia a partire da gennaio 2003, da quando alle associazioni va parte del ricavato delle multe dell’antitrust. Le società sbagliano, l’Authority le punisce e quei soldi che dovrebbero andare allo Stato vanno alle associazioni dei consumatori. Cioè quelle sigle che dal 1998 fanno parte del Cncu (consiglio nazionale dei consumatori e utenti, che ha sede presso il ministero dello Sviluppo economico). Fino all’80-85% dei bilanci delle associazioni, secondo una ricerca del Sole24Ore, sono garantiti dal denaro pubblico. «In queste condizioni – ha dichiarato Palo Martinello, presidente di Altroconsumo – è difficile contestare le scelte di governo o regioni. Così si rischia di diventare la foglia di fico delle amministrazioni». Quindi la domanda è immediata: ma se i soldi li prendono dallo Stato, come faranno a fare azioni e operazioni contro tutto quello che lo Stato controlla come Poste, servizi idrici, ferrovie, smaltimento, gestione rifiuti?



UN PROGETTO PER TUTTI


I soldi pubblici servono a finanziare molte cose, sostengono i vertici delle associazioni. Quali? Siamo andati a leggere i documenti dei finanziamenti dei progetti delle associazioni del 2005 per avere un’idea. Ne abbiamo trovati 27 e la prima cosa strana è che praticamente tutti hanno un contributo standard: mezzo milione di euro. E così, a prescindere dal lavoro svolto, tutti finiscono col portare a casa la stessa cifra (12 milioni nel solo 2005). Non ci dev’essere grande comunicazione tra le varie associazioni, poi, se in un anno tre progetti diversi hanno avuto però lo stesso contenuto: la lettura delle etichette. Un milione e mezzo di euro, quindi, per insegnare a leggere. Ma i soldi basta averli, se è vero che Carlo Rienzi, presidente del Codacons ha dichiarato all’Espresso: «Stare nel Cncu non serve a niente. È una scatola per dare soldi. E per fortuna li dà».



LE ISCRIZIONI FALSE


I consumatori insegnano a non fidarsi di nessuno. Seguendo questa logica non bisognerebbe farlo neanche con loro. E forse non sarebbe poi tanto sbagliato. «Gran parte degli iscritti sono falsi», ammettono gli stessi presidenti. Tanto nessuno controlla. Così si deduce che i 300mila iscritti spacciati da qualcuno, i 100mila da qualcun altro e così via, siano solo numeri in libertà, con buona pace della tanto invocata trasparenza.


GLI INTRECCI CON LA POLITICA


Molte sigle sono nate e cresciute all’ombra di poteri politico-sindacali: Federconsumatori è strettamente legata alla Cgil, mentre Adiconsum e Adoc rispettivamente alla Cisl e Uil. Il movimento Arci ha la sua organizzazione «personale» nel Movimento consumatori, mentre la Lega consumatori è collegata alle Acli. Ma c’è anche chi ha giocato la carta della politica pura: dal Codacons è nata la Lista Consumatori, che alle politiche del 2006 riuscì a far eleggere in Calabria addirittura un senatore, Pietro Fuda. Il presidente di Adusbef, Elio Lannutti, è tutt’ora in parlamento, senatore dell’Italia dei Valori e personaggio ammiccante all’antipolitica visto che ha in programma l’uscita di un libro La Repubblica delle banche, con introduzione di Beppe Grillo. Di centrodestra è la «Casa del consumatore», il cui presidente Alessandro Fede Pellone è un ex consigliere lombardo di Forza Italia. Era collaboratore del ministro Livia Turco, Stefano Inglese, ex presidente del Tribunale dei diritti del malato e legato a Cittadinanzattiva, mentre Donatella Poretti dagli uffici dell’Aduc è passata direttamente agli scranni di Montecitorio, nelle file della Rosa del Pugno. Infine Mara Colla, già sindaco socialista di Parma, eletta alle scorse elezioni regionali con l’Ulivo, continua a tenersi stretta la presidenza della Confconsumatori. Alla faccia della libertà.


Codacons, numero verde fantasma: informazioni solo a pagamento





Il numero gratuito che non serve a niente, il numero che a qualcosa serve ma che si paga, e tanto, quasi come un telefono erotico. Succede anche questo, nel mondo del consumerismo all’italiana. Lo abbiamo scoperto provando a contattare il Codacons.

Chiamando il numero verde risponde una cristallina voce di ragazza: «Devi chiamare da un telefono cellulare, ciao!». E la linea cade. Ecco la prima sorpresa: il numero gratuito del Codacons – un «numero per aiutare i cittadini a difendersi» – non può essere chiamato da rete fissa. Al secondo tentativo, effettuato con un cellulare, ecco partire un’altra registrazione, ma questa volta dell’avvocato Carlo Rienzi in persona, il numero uno del Codacons, che subito ricorda all’ascoltatore che può avere «già 500 euro» come risarcimento per la pubblicazione su internet del proprio reddito del 2005. «Basta iscriversi alla newsletter dell’associazione per ricevere il modulo di richiesta risarcimento» sottolinea. Un’informazione certamente interessante, forse data con toni troppo semplicistici: possibile che chiunque, fra trentadue milioni di italiani che hanno visto le proprie entrate sbattute sul web, abbia «già» diritto a ricevere 500 euro? E questi fantomatici 16miliardi di euro di risarcimenti, chi dovrebbe averli «già» messi a disposizione? Se la prima arma di un consumatore per difendersi dai soprusi è una corretta informazione, un’associazione dei consumatori che utilizza un linguaggio da spot televisivo per presentare i suoi servizi rischia di rendere un cattivo servizio. E infine, possibile che per ottenere un risarcimento dovuto a tutti, si debba passare per forza attraverso un agente terzo, e affidargli il nostro nome, cognome, indirizzo di posta elettronica e residenza?
Ma torniamo alla telefonata: quando si potrà parlare con qualcuno in carne e ossa per esporre un problema da consumatore? La risposta arriva coll’avanzamento della registrazione: «Per ricevere gratuitamente informazioni sulle nostre battaglie e iniziative, e sapere come difenderti dai suprusi, premi il tasto uno sul tuo telefonino». Detto fatto. Ma non succede nulla. Non si viene reindirizzati a un centralino, non si parla con un operatore, non si ottiene nulla, tranne la laconica voce registrata – l’ennesima – dell’operatore telefonico: «il numero richiesto è inesistente».
Risultato: due telefonate e nessuna informazione. Come fa il consumatore a parlare con qualcuno? La risposta, sorprendente, si trova sul sito dell’associazione «www.codacons.it»: chiamando l’892.007, «numero unico per appuntamenti e informazioni», si può fissare un incontro con un esperto dell’associazione. Peccato che il numero in questione sia caro – non quanto i famigerati 899, che pure ricorda – ma comunque non certo economico: 1,80 euro al minuto più scatto alla risposta di 12 centesimi se si chiama da rete fissa, mentre da rete mobile il costo aumenta: da 0,18 a 0,30 euro come scatto alla risposta, e da 1,86 a 2,57 euro a minuto. Un costo paragonabile a una messaggeria di appuntamenti.
Ma per Rienzi è tutto ben motivato: sul sito dell’associazione il presidente spiega come il numero a pagamento sia uno strumento necessario per raccogliere fondi visto che «a differenza di altre associazioni di consumatori che hanno la loro sede spesso presso sedi sindacali o addirittura ospedali, il Codacons non ha altri sostegni o appoggi di alcun genere oltre ai contributi dei propri associati». Falso. Il Codacons, come le altre 15 associazioni del Cncu, riceve massicci finanziamenti pubblici che coprono, nel caso dell’associazione di Rienzi, secondo le stime degli esperti del Sole24Ore, il 43% delle entrate.



Rienzi, il don Chisciotte con lo stipendio da re



Il suo sogno, disse una volta, era mettere in difficoltà la politica.
C’è riuscito, Carlo Rienzi, e forse ci riuscirà ancora. C’è riuscito anche se non è stato in grado di rinunciare all’idea di diventare un politico. C’ha provato, ma non ce l’ha fatta ad arrivare in parlamento. Così è ritornato alle vecchie passioni da guastatore.
Contro la destra, contro la sinistra, contro tutti. Il presidente del Codacons è personaggio tutto italiano. Finito sul Catalogo dei Viventi di Giorgio dell’Arti con un ritrattino che è tutto un programma: «Rienzi ha denunciato il ministero delle Comunicazioni (ai tempi di Totò Cardinale) per lo scandalo dei numeri erotici, la Sisal per gioco d`azzardo, i vigili che non multano i ragazzi senza casco per omissioni di atti d`ufficio. Si è anche autodenunciato all`ordine degli avvocati, “per far pagare ai miei clienti meno della tariffa minima”». È così che è diventato qualcuno: protagonista di talk show e personaggio pubblico.

S’è scagliato dritto contro l’ex viceministro Visco e l’Agenzia delle entrate per la storia dei redditi on-line. Nessuno ha pubblicato il suo che è piuttosto interessante: 303mila euro lordi nel 2005. Non male per l’avvocato che voleva farsi pagare con il minimo dei minimi.
A leggere ancora il Catalogo dei viventi si scopre anche che «la lista dei nemici è lunga e imprevedibile: Tex Willer (“fumava sempre, così ho denunciato l`editore. Mi telefonò Bonelli indignato”), Anna Oxa (“mostrò lo slip al festival di Sanremo: c`era la marca! Fu il primo caso di pubblicità occulta”). Talvolta gioca per sé, come quando per cacciare gli storni costrinse il Comune di Roma a potare gli alberi di viale delle Milizie, dove ha lo studio».

REPLICA DI CARLO RIENZI, PRESIDENTE CODACONS


AL DIRETTORE DE IL GIORNALE

Mario Giordano

Fax 02/72023880







Roma, 14/7/2008







Gentile Direttore,

nel congratularci come al solito per l’idea di pubblicare oggi una inchiesta sulle associazioni dei consumatori da parte del suo giornale, lamentiamo solo alcune imprecisioni e omissioni.



Imprecisioni:




1- il nostro numero verde funziona perfettamente (il ditino del vostro cronista invece non deve funzionare poi così bene se non è riuscito a premere il tasto 1 e iscriversi) e dà consigli utilissimi specie in occasione del ritiro di prodotti difettosi dal commercio e sulle possibilità di azioni di risarcimento e simili che aiutano i consumatori a sbarcare il lunario. Il titolo del Giornale di pag. 2, invece, che in grandi caratteri fa pensare che il numero verde sia a pagamento e che le informazioni del numero verde siano a pagamento non è una imprecisione, ma un “grido”, teso ad attirare lettori, altamente ingannevole (certo più della possibilità – prevista dalla legge sulla privacy – di avere un risarcimento di 500 euro per la pubblicazione on line del reddito). Addirittura forse tale titolo ci costringerà – ma il giudizio è lasciato al nostro potentissimo e agguerritissimo ufficio legale – a querelare con molto dolore il vostro bel quotidiano.



2- Il call center unico 892.007 è stato ed è di grande aiuto ai consumatori e non è un caso che l’Autorità delle TLC lo abbia escluso dalla disattivazione automatica (insieme a pochissimi altri numeri in tutto il Paese) in quanto numero di rilevante utilità sociale. Grazie a quel numero – di cui al CODACONS non arriva nemmeno un cent – la nostra associazione è l’unica che può dare un appuntamento preciso in tutta Italia ed evitare le fastidiose attese di ore in anticamera ai consumatori. In più il call center consente di selezionare il consulente più adatto a ricevere la lamentela o il problema del cittadino. Forse il suo corretto Giornale avrebbe potuto anche dire che una parte del costo della telefonata va all’associazione Mary Poppins per l’assistenza ai bambini malati di cancro del Policlinico Umberto I e contribuirà ad acquistare una cabina per i trapianti di cellule staminali.



3- Citando di sfuggita la Casa del Consumatore – associazione che riceve gli iscritti dal gruppo politico padrone del vostro quotidiano – avete omesso di dire che questa associazione come le altre, invece ben evidenziate nei box, ha ricevuto identici finanziamenti dallo Stato.



4- Avete fatto pensare che i fondi erogati dallo Stato con le multe incassate dall’Antitrust servano per finanziare le associazioni, ma avete omesso di dire – e quindi non è falso quanto da noi dichiarato circa il fatto che unica fonte di finanziamento sono gli iscritti – che quei fondi devono essere integralmente utilizzati per il progetto approvato e non per finanziare le ordinarie attività delle associazioni. E se il vostro cronista avesse approfondito si sarebbe accorto che il nostro progetto COPALCONS ha prodotto un libro bianco sulle pubblicità dei prodotti alimentari e oltre 170 procedimenti di controllo a carico di aziende che effettuavano pubblicità ingannevole. Anche per questo le Autorità indipendenti ci ringraziano del duro lavoro che facciamo e che produce pulizia nel mercato e fanno incassare quelle multe che poi tornano solo in parte a noi (la metà, dall’anno scorso, se le pappano le Regioni, e forse su come utilizzano loro quei soldi sarebbe bene fare una inchiesta).



5- Avete identificato alcune associazioni con alcuni partiti o coalizioni, ma avete sbagliato ancora: anche se aveste fatto solo un rapido esame delle liste in cui i singoli dirigenti si sono presentati negli anni vi sareste accorti che, almeno il CODACONS e il sottoscritto, hanno sempre dimostrato di essere autonomi dagli schieramenti e bipartizan.





Omissioni:



1- avete omesso di ricordare almeno alcune delle battaglie importantissime vinte dalle associazioni, e che la fiducia dei cittadini pone proprio le associazioni dei consumatori al primo posto tra le istituzioni di cui fidarsi. Purtroppo i ricorsi e le denunce per impedire scempi dove dovrebbe essere raddoppiata la base USA di Vicenza, o per far annullare i test di accesso all’Università o i temi della maturità opera di asini ben pagati, così come gli esposti alla Commissione Europea per farla finita con gli aiuti di Stato alle coop e altri, e le cause per far annullare le illegali strisce blu costano e molto. E purtroppo i cittadini non si iscrivono facilmente alle associazioni dei consumatori, non esiste ancora questa cultura. Sicchè il divieto di legge di avere rapporti con le società commerciali quasi sempre viene superato, e si deve sperare sempre in fondi pubblici di enti che siano sensibili alla difesa del consumatore. Se il vostro Giornale pensa che siamo inutili va bene ….ma allora sarebbe bene anche che dicesse chi potrebbe in Italia svolgere il ruolo prezioso che svolgiamo noi: forse i partiti?



2- Quanto alla mia persona devo ammettere di non essere un Don Chisciotte (e mai ho detto di esserlo) ma certo il reddito da voi indicato mi onora e mi illustra, visto che sono un avvocato amministrativista esperto, unico in Europa, di Diritto Scolastico, e che trovo il tempo – pur lavorando non poco come avvocato – anche di dedicarmi, in assoluto volontariato, agli altri cittadini. N.B. spero ovviamente di lavorare anche di più e guadagnare anche di più nei prossimi anni.



3- Avete omesso di ricordare che la associazione da cui sembra abbiate assunto la massima parte delle vostre incomplete informazioni – l’associazione Altroconsumo che incredibilmente sembra criticare tale tipo di finanziamento quando ne ha fruito molto più delle altre messe insieme negli anni passati – è l’unica Associazione che è stata espulsa dal CNCU a seguito di una sentenza, ottenuta dal CODACONS (da cui si capisce l’aggressione a noi in particolare) del Consiglio di Stato che ha accertato che essa non aveva una organizzazione democratica (oltre ad essere controllata da una società di capitali lussemburghese). Ora l’associazione vostra informatrice deve restituire allo Stato alcuni milioni di euro illegittimamente percepiti (quelli sì) dallo Stato e dai cittadini.



4- Ultimo cenno: la prossima volta comprate o chiedete una mia foto più recente: ormai porto solo cravatte di Marinella e quella con gli angioletti è proprio fuori moda.





Con i migliori saluti e con invito a pubblicare a norma della legge sulla stampa.




Avv. Carlo Rienzi


Presidente CODACONS

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