4 Marzo 2012

Concordia, le cause del naufragio in 50 quesiti

Concordia, le cause del naufragio in 50 quesiti

DA GROSSETO « R iportare a casa il corpo della sua Dayana». Non chiede di più, per ora, la mamma della bimba di cinque anni morta insieme al padre sulla Costa Concordia naufragata il 13 gennaio davanti all’ Isola del Giglio. A sollecitare la restituzione della salma, bloccata dalla Procura di Grosseto per le analisi del Dna necessarie al riconoscimento ufficiale, è stato ieri l’ avvocato David Veschi. Come decine di suoi colleghi si è presentato puntuale alla prima maxi-udienza sul disastro, alla fine della quale il giudice per le indagini preliminari ha affidato ai periti l’ in- carico di analizzare la scatola nera. Una cinquantina i quesiti ai quali gli esperti dovranno dare una risposta al fine di ricostruire la dinamica del naufragio, le condotte dei 9 indagati, la rotta, la profondità del mare, la conformità della progettazione della nave, le manovre effettuate dal comandante Francesco Schettino prima e dopo l’ urto. A disposizione avranno, secondo quanto stabilito dal gip, Valeria Montesarchio, novanta giorni, a partire da venerdì. Nei quaranta minuti di camera di consiglio, il magistrato non ha comunque valutato la richiesta della Procura di aggiungere alla lunga lista di reati contestati al comandante e agli altri ufficiali – omicidio plurimo e naufragio colposi, lesioni, abbandono dei passeggeri e omesse comunicazioni alle autorità marittime il danno ambientale, ovvero distruzione e deterioramento di habitat all’ interno di un sito naturale di salvaguardia. Ipotesi contestata dal legale di Schettino: «Il luogo del disastro non ricade in una zona protetta». E ha ripetuto che il suo cliente «non abbandonò volontariamente la nave e che informò costantemente la compagnia». Mentre Salvatore Catalano, difensore del vice comandante Ciro Ambrosio, ha sottolineato che il suo assistito fu l’«unico a dare ordini diversi, facendo calare le scialuppe ». Quanto invece al diritto di partecipare all’ incidente probatorio, il gip ha ammesso solo le parti offese: i familiari delle 32 vittime, i passeggeri superstiti, l’ equipaggio, il Comune di Isola del Giglio, la Provincia di Grosseto, la Regione Toscana, il commissario delegato all’ emergenza, Franco Gabrielli, e la compagnia Costa. Quest’ ultima, però, per un’ eventuale responsabilità civile. In proposito l’ avvocato della compagnia, Marco De Luca, ha ribadito che non fu mai data alcuna indicazione di ritardare l’ allarme. Escono di scena, invece, le associazioni ambientaliste, tra cui Lipu e Legambiente, e dei consumatori (Codacons). Erano stati i naufraghi della Concordia i primi ad arrivare verso le nove nella città toscana. Tutti a chiedere «verità e giustizia» per un’ esperienza tragica, dovuta a «un errore grossolano» del comandante (assente come gli altri indagati), e «che ci ha cambiato la vita ». A ospitarli il Teatro Moderno. L’ unica struttura che poteva contenere le centinaia di addetti ai lavori (magistrati, avvocati, investigatori, esperti e parti civili) e giornalisti. L’ udienza, per via dei meticolosi controlli (erano vietate riprese e foto) è iniziata solo dopo le undici e si è conclusa verso le cinque, quando il gip ha aggiornata l’ udienza al 21 luglio. prima udienza Affidato l’ incarico per la perizia sulla scatola nera. La Procura chiede di contestare anche il danno ambientale.

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