Caso diamanti, chiesto il rinvio a giudizio per 105 persone
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fonte:
- Milanofinanza.it
di Andrea Montanari Si chiude l’inchiesta sulla vendita di diamanti avvenuta attraverso le banche. Ad alcuni anni di distanza dall’apertura dell’indagina, oggi la Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per 105 persone e cinque società, di cui quattro istituti di credito, nel procedimento in atto.
Come riferito dalle agenzie Ansa e Reuters, le imputazioni sono, a vario titolo, truffa, autoriciclaggio e corruzione fra privati, per un presunto ingiusto profitto ai danni dei piccoli investitori, che la procura ha quantificato in circa 500 milioni di euro, 314 dei quali per i broker delle pietre preziose.
Gli imputati sono dirigenti, ex dirigenti, funzionari ed ex funzionari delle banche e di due broker di diamanti, International Diamond Business e Diamond Private Investment. Le banche coinvolte sono in particolare Banco Bpm, che insieme a un suo dirigente dovrà anche rispondere di ostacolo all’autorità di vigilanza, la controllata Banca Aletti, UniCredit, Banca Mps e Idb.
Altri due istituti di credito coinvolti, Intesa Sanpaolo e Dpi, hanno invece chiesto il patteggiamento, ottenendo già il parere favorevole della procura: per la banca una pena pecuniaria di 100mila euro e la confisca di 61mila euro come profitto del reato, per il broker una pena pecuniaria di 34mila euro e la confisca di oltre 88 milioni.
Le parti lese, che potranno chiedere di costituirsi parte civile e partecipare così al processo sono 575: tutti clienti delle banche che ritengono di essere stati truffati, oltre all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), a Banca d’Italia, alle due associazioni di consumatori Codacons e Asso-Consum e alla società Camelot Holding.
L’inchiesta, che nel febbraio 2019 aveva portato al sequestro di oltre 700 milioni ai due broker e alle banche, è stata chiusa nell’ottobre 2019. La procura di Milano sostiene che le due società broker abbiano condotto la truffa con la consapevole partecipazione delle banche sino al dicembre 2016. A partire dal 2017, dopo la multa inflitta dall’Antitrust, tutte le banche, a eccezione del Banco Bpm, hanno iniziato a restituire integralmente il denaro ricomprando le pietre al prezzo originario. Lo stesso istituto, guidato dall’ad Giuseppe Castagna, ha riconosciuto la differenza fra il presunto valore effettivo dei diamanti e il prezzo pagato a suo tempo, lasciando le pietre in mano ai clienti.
In base a quanto si legge negli atti dell’accusa, ai clienti veniva proposto l’acquisto di diamanti come bene rifugio a liquidabilità certa, un prodotto finanziario che avrebbe garantito rendimenti fra il 2% e il 5%. Ai clienti inoltre veniva fatto credere che il prezzo pagato fosse il valore effettivo della pietra, mentre in realtà comprendeva il 20% di Iva, le commissioni alle banche, i costi della società venditrice (assicurazione, deposito). Dalle perizie il valore effettivo dei diamanti è risultato essere in realtà fra il 30% e il 50% del prezzo pagato. Per di più il cliente avrebbe potuto chiedere di vendere le sue pietre solo pagando un’ulteriore commissione dal 7 al 16% ai broker, in funzione della durata dell’investimento. (riproduzione riservata)
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