16 Dicembre 2009

Caro-pasta, Gdf in 5 aziende Ipotesi di “cartello”: la Procura di Roma indaga

Caro-pasta, Gdf in 5 aziende Ipotesi di «cartello»: la Procura di Roma indaga 
 

  Perquisita la pasta italiana. Ieri i militari della Guardia di Finanza si sono presentati negli uffici delle cinque principali aziende e della loro associazione, l’Unipi, in cerca di e-mail, verbali di assemblea, fatture di acquisto di grano e di vendita del prodotto finito. Tutti documenti che serviranno alla procura di Roma per capire se davvero c’è stato un accordo per alzare i prezzi di spaghetti e maccheroni. È da due anni che il pm Stefano Pesci e il procuratore aggiunto Nello Rossi, su denuncia di alcune associazioni dei consumatori, stanno indagando sui rincari della pasta. Al centro dell’inchiesta la possibile violazione dell’art. 501 bis del codice penale, quello che punisce le manovre speculative sui prodotti. Una persona è indagata. Le fiamme gialle si sono mosse in tutt’Italia: in Campania, dove si trovano gli uffici della Garofalo e della Amato, a Parma, nella sede della Barilla, alla Divella di Bari e alla De Cecco di Pescara. Poi a Roma, negli uffici dell’associazione U- nipi. «Sono venuti a chiedere le stesse carte che la stessa Guardia di Finanza aveva già acquisito circa due anni fa nell’ambito degli accertamenti richiesti dall’Antitrust, documenti dai quali, a nostro parere, si evince che gli aumenti del prezzo della pasta erano dovuti al rincaro notevole del grano» spiega Francesco Divella, amministratore delegato dell’azienda di famiglia. Dalla Barilla, per rispetto delle indagini, non commentano, ma promettono la «massima collaborazione » e si dicono «totalmente sereni ». Anche dalla De Cecco promettono la massima collaborazione, e ricordano che «è in atto un ricorso al Consiglio di Stato contro la multa che l’Antitrust ha inflitto alle aziende». Il riferimento è alle sanzioni con cui l’Autorità garante per la concorrenza, lo scorso febbraio, ha punito 22 società alimentari e due associazioni del settore. Multe calibrate a seconda del peso di mercato delle varie aziende, perché, secondo l’Antitrust, tutte tra ottobre 2006 e marzo 2008 avevano creato un’intesa restrittiva della concorrenza decidendo assieme gli aumenti dei prezzi della pasta da praticare nella vendita ai gruppi della Grande distribuzione. Contro le sanzioni, le aziende avevano fatto ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio. Il Tar ha confermato le multe, e a breve si esprimerà anche il Consiglio di Stato, ultimo organo della giustizia amministrativa. L’indagine della Procura è invece sul piano penale. Le associazioni dei consumatori sono soddisfatte.  «Contro gli speculatori non bastano le sanzioni, ma serve il carcere» commenta il presidente del Codacons, Carlo Rienzi. «Ci aguriamo dice una più moderata Adoc che l’Antitrust faccia luce sull’ipotesi di un cartello dei pastai». Pastai già multati dall’Antitrust I consumatori: contro gli speculatori non bastano le sanzioni Avviata due anni fa, su denuncia delle associazioni dei consumatori, l’inchiesta penale sul sospetto «cartello» dei gruppi della pasta ha anche un indagato

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