Caro-pasta, big perquisiti “Aumenti ingiustificati”
MILANO DOPO la stangata della giustizia amministrativa con la maxi multa da 12,5 milioni di euro comminata lo scorso febbraio dall’Antitrust, per i big della pasta, accusati di aver rincarato dal 2007 i prezzi degli spaghetti con un vero e proprio cartello, diventa caldo anche il fronte penale. Nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Procura di Roma è scattato infatti ieri il blitz delle Fiamme Gialle che hanno perquisito le sedi delle principali industrie italiane (Barilla a Parma, De Cecco a Pescara e Roma, pastificio Garofalo a Gragnano nel Napoletano, Amato a Salerno, Divella a Bari) e gli uffici dell’Unipi (l’Unione pastai italiani) a Roma. Al centro dell’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dal sostituto Stefano Pesci, c’è l’aumento ingiustificato di circa il 50 per cento del prezzo della pasta. La Procura procede per l’ipotesi di reato dell’articolo 501 bis del Codice penale: manovra speculativa sul prezzo delle merci. Reato che prevede fino a tre anni di reclusione. Secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa ci sarebbe già una persona iscritta sul registro degli indagati, ma presto gli indagati potrebbero aumentare. In particolare il nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Roma ha sequestrato anche i verbali redatti durante le riunioni dell’Unione pastai per dimostrare la prova della manovra speculativa e la formazione di un «cartello» anti concorrenza. L’inchiesta era stata avviata nell’ottobre 2007 dopo una denuncia delle associazioni di consumatori (Adoc, Adusbef, Federconsumatori e Codacons) e a dicembre di due anni fa l’Antitrust aveva messo sotto la lente ventinove marchi della pasta tra cui Barilla, De Cecco, Di Vella, gli stessi finiti ieri nel mirino delle Fiamme Gialle. Nell’ottobre scorso il Tar del Lazio aveva quindi confermato le multe inflitte dall’Antitrust a fine febbraio a 22 aziende e a due associazioni di categoria per aver creato un cartello. MULTE contro le quali, dopo la sentenza del Tar, sono partiti i ricorsi al Consiglio di Stato. Secondo il Garante, le imprese avevano creato un’intesa restrittiva della concorrenza tra ottobre 2006 e marzo 2008 per concertare gli aumenti del prezzo di vendita della pasta secca di semola al settore distributivo. Aumenti contro i quali anche ieri la Coldiretti ha ribadito come il grano duro venga pagato 18 centesimi al chilo agli agricoltori mentre la pasta raggiunge in media 1,4 euro con un ricarico di circa il 400%. Non solo: il prezzo della pasta (di cui consumiamo oltre 1,5 milioni di tonnellate l’anno per un controvalore di 2,8 miliardi di euro) è rimasto pressoché stabile rispetto al 2008 nonostante le quotazioni del grano siano scese di oltre il 30%. La notizia delle perquisizioni della Gdf è stata accolta con soddisfazione dai consumatori. Dal canto suo Massimo Menna,presidente dell’Unione degli industriali della pasta, dice: «Non vi sono mai state speculazioni, né si è mai configurato alcun accordo lesivo degli interessi dei consumatori». Quanto alle aziende, la Barilla fa sapere che «non c’è mai stato nessun cartello della pasta» e conferma massima disponibilità a collaborare, come il pastificio Garofalo, mentre Francesco Divella ricorda che sono state richieste le stesse carte già acquisite due anni fa per l’indagine Antitrust e che dimostrano che dietro gli aumenti c’era il rincaro della materia prima.
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