2 Luglio 2002

Caro-euro, venerdì sciopero della spesa

Cresce la preoccupazione per l?effetto del change over sui prezzi. L?Adusbef mette sotto accusa il paniere dell?Istat: quell?inflazione è virtuale
Caro-euro, venerdì sciopero della spesa
Quattro associazioni dei consumatori invitano a disertare i negozi contro gli arrotondamenti selvaggi




ROMA ? E? la prima volta. Mai in Italia era stato proclamato uno sciopero della spesa. Lo hanno indetto, per venerdì 5 luglio, quattro associazioni dei consumatori: Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori. L?obiettivo è protestare contro «gli arrotondamenti selvaggi dell?euro», che hanno comportato aumenti generalizzati dei prezzi. Niente acquisti, di qualsiasi tipo, per un giorno. Niente spesa, niente caffè, niente ristorante, niente pieno di benzina, niente cinema… niente di niente. Venerdì non si metta mano al portafoglio, dicono le associazioni. Un?iniziativa che riuscirà? «Nonostante l?Istat affermi che gli aumenti sono minimi- scrivono in un comunicato – continuiamo a ricevere le lamentele dei consumatori sugli incrementi, anche sostanziosi, dei prezzi di tutti i beni, e dato che le istituzioni non sono in grado di risolvere la situazione, o forse non lo vogliono, l?unica cosa da fare è scioperare».
«Vuol essere un gesto dimostrativo», dice Elio Lannutti dell?Adusbef. «Non vogliamo bloccare l?economia, ma contarci. Dare voce alle centinaia e centinaia di persone da marzo ci scrivono per dire che non riescono più ad arrivare alla fine del mese».
Sotto accusa, dicono, non sono soltanto i negozianti che hanno approfittato dell?arrivo dell?euro per arrotondare al rialzo i prezzi, e che hanno scaricato sui consumatori i costi sostenuti per adeguare la contabilità e i registratori di cassa. Nel mirino c?è anche l?Istat. Per giugno ha rilevato un aumento dei prezzi del 2,2%. «L?inflazione non è quella virtuale dell?Istat, è molto, molto più alta», dice Lannutti. Insomma, il paniere che include 568 voci di spesa e che è stato aggiornato l?anno scorso, non rifletterebbe il reale incremento del costo della vita.
A questa discrasia, da un lato la generale sensazione che tutto sia diventato molto più caro, e dall?altro un?istituto di statistica che ci dice che l?incremento di giugno è il più basso da due anni a questa parte, in tanti cercano di dare una spiegazione. Gli psicologi dicono che è umano far caso ai rincari, più che ai beni che sono diminuiti. I tecnici fanno notare che sia gli aumenti dei prezzi che le diminuzioni vanno ponderate. E che l?aumento del 39,9% del pomodoro da sugo, correttamente registrato dall?Istat per il periodo che va dal dicembre 2001 a maggio di quest?anno, incide nella nostra spesa molto meno del calo dell?8,3% subito nello stesso periodo dal gas da riscaldamento.
Fatto sta che la sensazione che l?euro abbia portato un?impennata del costo della vita è diffusa in tutt?Europa. Ieri è stata la volta della Germania: i consumatori sono stati chiamati a boicottare i negozi. E non è un caso che i sondaggi diano la popolarità della moneta unica in picchiata. A giugno il 54% dei tedeschi ha dato un giudizio negativo sull?introduzione dell?euro. A gennaio i contrari erano il 31%.
Negli ultimi tempi anche la Bce, la banca centrale dell?euro, ha ammesso che il changeover ha creato uno scalino nei prezzi, quantificandone l?effetto in un più 0,2%. Ma è una una tantum, si dice a Francoforte. Abbiamo accusato il colpo una volta, ma poi è finita. Intanto però per molte famiglie far quadrare i conti diventa sempre più difficile.

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