7 Settembre 2011

Breve storia di un emblema del risparmio tradito

Breve storia di un emblema del risparmio tradito

L’incubo ebbe inizio nel gennaio 2002.
Quando lo Stato argentino, lacerato dalle rivolte dei cacerolazos, cessò il rimborso dei propri bond.
Né interessi né capitale: per circa 450mila italiani, significavano 13,5 miliardi di euro.
Come in altri Paesi, dalla Germania agli Stati Uniti, è scattata la mobilitazione, che si è sostanziata soprattutto nella Task force Argentina.
La Tfa, presieduta da Nicola Stock, è un organismo voluto dall’Abi, l’Associazione bancaria italiana, per dare rappresentanza unica, nelle controversie giuridiche internazionali, ai creditori del Belpaese, che in effetti aderirono al 92%.
A inizio 2005, partì la prima Ops (offerta pubblica di scambio) del governo del presidente Néstor Kirchner, dallo stesso Stock definita «indecente».
Gli obbligazionisti potevano ottenere titoli del valore nominale pari al 100% di quelli non rimborsati, ma con interessi bassi e capitale restituito solo dal 2029; o titoli discount, con valore nominale decurtato al 33,7%, interessi più alti e capitale dal 2024.
Le adesioni, in Italia, raggiunsero appena il 27,8%, ma all’estero andò meglio e questo certo pose una certa pressione sul Belpaese, essenziale per il successo dell’intero piano di rientro di Buenos Aires.
Il 3 maggio 2010, allora, scatttò una nuova Ops: Néstor Kirchner sarebbe morto pochi mesi dopo, ma alla presidenza c’era, e c’è, la moglie Cristina.
Le condizioni dell’offerta, per stessa ammissione del ministro delle Finanze Amado Boudou, erano peggiori di quella del 2005: ma alla fine altri 200mila italiani accettarono un valore nominale ridotto del 75,06% rispetto ai titoli ‘originali’.
Senza giustizia, così, rimangono 75mila cittadini del Belpaese (60mila secondo il Codacons): per loro, poiché l’Argentina esclude una terza offerta, non resta che aspettare l’arbitrato chiesto dalla Tfa all’Icsid, organo della Banca Mondiale.
In verità, per i risparmiatori c’erano altre strade: teoricamente, pure vendere i bond, cosa però quasi impossibile, per ovvi motivi, a livello pratico.
Oppure virare sullla giustizia interna: in questo caso, la controparte non è lo Stato argentino, bensì le banche tricolori che collocarono i titoli.
E qui hanno giocato pesante le associazioni dei consumatori: il caso della donna di Carpi è un esempio, ma altre banche, sempre stando al Codacons, preferiscono transare prima delle sentenze.
Esistono due strade giuridiche parallelamente esperibili, insomma.
Con un’importantissima avvertenza da parte del Codacons: qualsiasi scelta il risparmiatore abbia effettuato nei confronti dello Stato sudamericano (adesione alle Ops, vendita dei titoli o arbitato), se vuole perseguire le banche italiane ha ancora 110 giorni, fino a fine 2011.
Poi, trascorsi dieci anni dal default, arriverà la prescrizione.

 
 
 
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