Banche venete, deficit su
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fonte:
- il Tirreno
di Michele Di BrancowROMAIn salvo, ma a che prezzo. L’ operazione messa in piedi nell’ estate 2017 dal governo Gentiloni per evitare il crac di Veneto Banca e Popolare di Vicenza e mettere così al riparo i correntisti che rischiavano di perdere gran parte dei loro risparmi ha un costo salatissimo per i conti pubblici italiani. Secondo i calcoli di Eurostat l’ impatto sul deficit è stato di 4,7 miliardi sul deficit (pari all’ intervento di cassa a favore di Intesa Sanpaolo) e di 11,2 miliardi sul debito (includendo le garanzie). La duplice stangata vale tra lo 0,2 e lo 0,3% del rapporto deficit/Pil (considerando il valore del Pil 2017, calcolato dall’ Istat il primo marzo a 1.716.238 milioni di euro) che dovrebbe quindi salire dall’ 1,9% stimato dal governo nella nota al Def di settembre al 2,1%.Nella sua valutazione, richiesta esplicitamente dall’ Italia, Eurostat ha esaminato il procedimento seguito per la liquidazione delle due banche, avvenuta la scorsa estate. Secondo l’ istituto di statistica europeo, le uscite pubbliche totali sono pari a 14,7 miliardi, in parte bilanciate dai recuperi attesi nei prossimi anni dagli Npl, pari a 10 miliardi. «Il risultato è un impatto negativo di 4,7 miliardi da registrare a valere sul deficit 2017», annota Eurostat. Guardando al debito, l’ istituto europeo considera sia l’ intervento diretto per cassa dello Stato pari a 4,8 miliardi (3,5 miliardi a copertura del fabbisogno di capitale generatosi in capo a Intesa San Paolo in seguito all’ acquisizione della “parte buona” delle attività delle due banche e 1,3 miliardi per la ristrutturazione aziendale sostenuta dalla stessa Intesa per rispettare le regole sugli aiuti di Stato), sia la garanzia di massimi 6,4 miliardi concessa a Intesa Sanpaolo sul credito vantato nei confronti delle Banche in liquidazione per lo sbilancio di cessione. L’ impatto sul debito, diretto e indiretto, ammonta dunque a 11,2 miliardi.Occorre ricordare che attraverso il decreto del 25 giugno 2017 che ha trasferito a Banca Intesa la parte sana delle due banche, il governo ha messo al riparo migliaia di obbligazionisti senior, la categoria più numerosa. A pagare sono stati i soci. Il salvataggio pubblico (costo 662 euro per ogni famiglia italiana dice il Codacons) ha mobilitato risorse per un totale di circa 17 miliardi di euro. Questi soldi sono stati in parte girati a Intesa per neutralizzare l’ impatto nel bilancio della doppia acquisizione (4,8 miliardi) e per finanziare (400 milioni) la ristrutturazione delle attività, cioè tagli di personale e chiusura di sportelli.La vera partita, quella che determinerà l’ esborso reale a carico dello Stato, e cioè dei cittadini contribuenti, si gioca però sui crediti a rischio. Il governo conta di recuperare almeno 9,9 miliardi sui 17,8 miliardi di “non performing loans” (Npl) segnalati nei conti delle due banche del Nordest. Per centrare l’ obiettivo, nell’ arco dei prossimi anni l’ incasso per le finanze pubbliche dovrebbe raggiungere almeno il 55% del valore originario del prestito. Se lo Stato, che ha affidato la riscossione alla società pubblica Sga, riuscirà nell’ impresa, allora gli oneri a carico del Tesoro potrebbero finire per ridursi nell’ ordine del miliardo o forse anche meno. E secondo i tecnici del governatore della Banca d’ Italia, Ignazio Visco, quota 55 è raggiungibile perché la massa dei crediti deteriorati potrà essere gestita dallo Stato attraverso una strategia a lungo termine. ©RIPRODUZIONE RISERVATA.
michele di branco
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