Arsenico nell’acqua: negati gli indennizzi ai consumatori
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fonte:
- Gazzetta di Mantova
Acqua all’arsenico: niente risarcimento per gli utenti del servizio idrico pubblico. Il Tribunale amministrativo del Lazio, con sentenza pubblicata nei giorni scorsi, ha respinto la class action proposta nell’ormai lontano 2013 dal Codacons, dall’Associazione utenti dei servizi pubblici e da oltre mille semplici cittadini. Il ricorso chiamava in causa i ministeri dell’Ambiente e della Salute, la presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, alcune Regioni tra cui la Lombardia, 128 Comuni (Viadana l’unico mantovano) e vari altri soggetti, tra cui l’Autorità d’ambito territoriale di Mantova. L’arsenico è un elemento chimico naturale, capace di propagarsi nelle acque di falda per dilavamento delle rocce presenti nel sottosuolo. Il territorio viadanese ne è ricco. L’esposizione all’arsenico inorganico può provocare effetti sulla salute: irritazione dell’apparato digerente e dei polmoni, problemi alla pelle, ridotta produzione di globuli rossi e bianchi nel sangue. Per tutelare la salute dei cittadini,a suo tempo l’Unione Europea aveva chiesto agli Stati membri di abbassare la concentrazione ammessa di arsenico nelle acque potabili: l’acqua “del sindaco” e quella prelevata dai pozzi privati risultarono di conseguenza in certi casi non più a norma, e ci fu chi dovette ovviare mediante l’acquisto di fusti d’acqua per gli usi alimentari. Nel Viadanese il problema è stato risolto definitivamente con la realizzazione di un acquedotto pubblico a Cizzolo, che pesca in una falda profonda povera di arsenico,e con gli allacciamenti alla nuova rete idrica da parte delle singole utenze delle frazioni nord. Col loro ricorso al Tar del Lazio, associazioni dei consumatori e singoli cittadini hanno chiesto l’annullamento di tutti i provvedimenti di determinazione delle tariffe dell’acqua pubblica dal 2004 sino al 2012, e chiesto un risarcimento danni.I ricorrenti hanno evidenziato come sin dal 2004 l’acqua erogata dai rubinetti di diversi Comuni italiani presentasse quantitativi di arsenico maggiori rispetto a quelli consentiti dalle normative europee (10 milligrammi per litro d’acqua). Per effetto di alcune deroghe, la mancata osservanza dei limiti venne di fatto autorizzata sino al 2009; in seguito i Comuni furono costretti a vietare ai cittadini l’utilizzo dell’acqua all’arsenico. Nonostante ciò, secondo i ricorrenti, alle limitazioni nel consumo non aveva fatto seguito una riduzione delle tariffe imposte ai cittadini. Per i danni patrimoniale e non conseguenti «a quasi dieci anni di inerzia da parte delle istituzioni pubbliche»,i ricorrenti hanno chiesto un risarcimento da 1.900 euro a testa. I giudici amministrativi hanno respinto il ricorso per una serie di motivazioni. Come evidenziato dalle difese, le direttive europee vennero prontamente recepite dalle normative nazionali e di fatto, anche in virtù delle deroghe, le condotte tenute dagli enti pubblici furono sempre rispettose delle norme. «La deroga era stata d’altra parte concessa per evitare rischi igienico-sanitari connessi alla sospensione della distribuzione idrica, nonché in previsione del fatto che si sarebbero dovute attuare le misure necessarie per ripristinare la qualità dell’acqua e garantirne il suo costante monitoraggio»: obiettivi che, oggi come oggi, possono dirsi pienamente conseguiti. Secondo i giudici, le posizioni e vicende dei singoli ricorrenti sono inoltre troppo diversificate per poter giustificare un’azione collettiva e una quantificazione forfettaria del danno che avrebbero subito.
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