29 Marzo 2016

Aprile, referendum trivelle

Aprile, referendum trivelle

ROMA – Domenica 17 aprile gli italiani saranno chiamati ad esprimersi su un referendum sulle trivelle promosso da 9 consigli regionali (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) sostenuti da alcune associazioni e movimenti in difesa per l’ ambiente, tra cui il coordinamento «No Triv». Sul quesito abrogativo pesa la spada di Damocle del quorum, quindi affinché il risultato possa essere valido dovrà essere votato dal 50% più uno degli aventi diritto. Chiara la richiesta che comparirà sulla scheda. In sostanza chiede che, al momento della scadenza delle concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane, anche in caso di presenza di altro gas o petrolio, andando a cancellare l’ articolo 6 comma 17 del Codice dell’ Ambiente, in cui si contempla la possibilità che le trivellazioni continuino fino a quando le risorse del giacimento lo consentano. Per cui un’ eventuale vittoria del «sì» limiterà le concessioni per estrarre gas o petrolio entro le 12 miglia dalla costa italiana alla scadenza dei contratti. Di fatto, quindi, il quesito referendario non coinvolgerà le 106 piattaforme petrolifere attive lungo le nostre coste per l’ estrazione di petro lio o metano. Sono invece coinvolti dall’ esito referendario gli impianti di Guendalina (Eni) nell’ Adriatico, il Gospo (Edison), anch’ esso nell’ Adriatico e il giacimento Vega (Edison) di fronte a Ragusa. Il quesito, com’ è noto, è il solo rimasto in campo tra i sei promossi dai 10 consigli regionali, dopo che il movimento politico «Possibile», a settembre dell’ anno scorso, non era riuscito a raccogliere le 500mila firme per chiedere un referendum popolare in tema di ricerca e estrazione degli idrocarburi. Non va dimenticato però che il Governo, nell’ ambito della Legge di stabilità ha proposto modifiche sugli stessi temi toccati dai referendum; a fronte di ciò poi la Cassazione ha riesaminato i quesiti e l’ 8 gennaio ne ha dichiarato ammissibile solo uno. Da qui è partita la richiesta di alcuni consigli regionali (Basilicata, Sardegna, Veneto, Liguria, Puglia e Campania), che hanno presentato un conflitto di attribuzione alla Consulta relativamente a due quesiti, vale a dire il «piano delle aree» e il «regime delle concessioni». Che tuttavia, il 9 marzo scorso, sono stati dichiarati inammissibili dalla Corte Costituzionale. La scelta della data è stata oggetto di forti polemiche legate al possibile accorpamento del referendum alle prossime amministrative, come sollecitavano i promotori. L’ election day avrebbe permesso di risaparmiare soldi pubblici e avrebbe reso più facile il raggiungimento del quorum. Il Codacons continua a chiedere l’ accorpamento elettorale: ha fatto ricorso al Tar del Lazio. Ma i giudici amministrativi diranno la loro il 13 aprile, a poche ore quindi dall’ apertura dei seggi.
 
 

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