21 Settembre 2011

All’ Aquila finisce alla sbarra chi non previde il sisma

All’ Aquila finisce alla sbarra chi non previde il sisma
 

C’è chi lo definisce pioneristico, una pietra miliare destinata a fare scuola, e chi una farsa, un insulto alla scienza. Di certo il processo, iniziato ieri, che vede imputati i membri della Commissione Grandi Rischi (Franco Barberi, presidente vicario della commissione, Berardo De Bernardinis, ex vicecapo del settore tecnico della Protezione civile, Enzo Boschi, ex presidente dell’Isti – tuto nazionale di geofisica e vulcanologia, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progett0 C.a.s.e., Claudio Eva, ordinario di Fisica all’ Università di Genova, e Mauro Dolce, direttore dell’ ufficio rischio sismico della Protezione civile) che si riunì all’ Aquila il 31 marzo 2009, cioè sei giorni prima del terremoto che ha distrutto il capoluogo abruzzese provocando 309 morti, è un unicum. E la sentenza potrebbe pesare eccome, in futuro, sulle valutazioni scientifiche. I componenti dell’ organo consultivo, che fa capo alla presidenza del Consiglio dei ministri, sono infatti chiamati a rispondere in aula di omicidio colposo plurimo, lesioni personali colpose e cooperazione nel delitto colposo per aver fornito agli aquilani «informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell’ attività sismica, vanificando le attività di tutela della popolazione». La colpa, insomma, sarebbe quella di aver sottovalutato lo sciame sismico in atto da mesi e aver quindi lanciato segnali rassicuranti. Come se invece, aggiungiamo noi, ogni sciame preludesse poi, inevitabilmente, scientificamente e matematicamente, a una scossa distruttiva: basti considerare, giusto per non andare lontano nello spazio e nel tempo, il caso di Montereale e dintorni, dove nell’ agosto-settembre 2009 ci sono state tante scosse di piccola intensità, comunque ben avvertite dalla popolazione, ma non un evento catastrofico. Ieri dei sette imputati, dichiarati contumaci, era presente il solo De Bernardinis: «Sono abruzzese, lo dovevo anche alla gente del luogo. E per sottolineare la professionalità e la qualità degli altri funzionari pubblici». A lui si rimprovera anche e soprattutto la frase, in verità assai infelice, «beviamoci su un bicchiere di Montepulciano», pronunciata durante la conferenza stampa post riunione del 31 marzo 2009. Ma De Bernardinis non è certo pentito: «Mi comporterei allo stesso modo, e lo sentirete in aula». Il giudice Marco Billi ha escluso dal procedimento la costituzione di parti civili presentate dal Codacons e dall’ associazione Codici, mentre ha ammesso il Comune dell’ Aquila e i parenti delle vittime, aggiornando poi il processo al 1° ottobre, con le audizioni dei testimoni della procura. «Cerchiamo giustizia e basta», ha assicurato ai giornalisti il procuratore capo Alfredo Rossini. Ci piacerebbe credergli.

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