28 Dicembre 2021

Arsenico nell’acqua, nessun risarcimento

cittadini  della  provincia  di  Latina  non  avranno  risarcimenti  dallo  Stato  per  l’arsenico  presente  nell’acqua  destinata  al  consumo  umano  fino  qualche  anno  fa.  Il  tribunale  amministrativo  del  Lazio  ha  bocciato  il  ricorso  del  Codacons,  l’associazione  che  tutela  diritti  dei  consumatori,  che  chiedeva  500  euro  di  rimborso  per  ciascuna  utenza  interessata.  La  storia  parte  da  lontano.  Nel  2012  terminò  la  deroga  concessa  dalla  Commissione  europea  per  rientrare  nei  limiti  di  legge  pari  10  microgrammi  per  litro  l’arsenico  nell’acqua  erogata  alle  famiglie.  L’arsenico  è  un  metallo  pesante  pericoloso  per  la  salute  umana  nel  caso  di  assunzione  per  lunghi  periodo  di  tempo.  Fino  quel  momento,  il  limite  era  di  50  microgrammi  per  litro.I  vari  gestori  del  servizio  idrico  in  tutto  il  Lazio,  compresa  Acqualatina,  fecero  importanti  investimenti,  con  l’aiuto  pubblico,  per  permettere  di  rientrare  nei  parametri  di  legge  dell’arsenico,  tra  cui  nuove  condotte  dearsenizzatori.  Non  in  tutti  Comuni  si  è  riusciti  mettersi  in  regola  dal  gennaio  2013,  così  nel  2014  Codacons  insieme  decine  di  singoli  cittadini  fece  causa  al  ministero  alla  Regione.  In  provincia  di  Latina  Comuni  coinvolti  erano  in  primis  Aprilia  Latina,  ma  anche  Cori,  Sezze,  Cisterna,  Sermoneta;  in  provincia  di  Roma  Albano,  Ardea,  Velletri  Ariccia,  più  otto  città  del  Viterbese.  LA  RICHIESTA  L’associazione  di  consumatori  chiedeva  anche  la  rideterminazione  delle  tariffe  applicate  tra  il  2002  il  2012  con  uno  sconto  per  l’acqua  contaminata  dall’arsenico  ma  pagata  come  “buona”  nelle  bollette.  Il  tribunale  è  stato  categorico.  Oltre  all’impossibilità  di  “monetizzare”  la  potabilità  dell’acqua,  il  giudice  fa  anche  notare  che  «la  non  conformità  delle  acque  destinate  al  consumo  umano  è  risultata  non  da  un  deterioramento  della  qualità  dell’acqua,  ma  dall’evoluzione  della  normativa,  che  ha  progressivamente  ridotto  valori  parametrici  al  fine  di  incrementare  il  livello  di  protezione  dei  consumatori».  Non  solo:  la  normativa  comunitaria  «ha  assunto  la  missione  di  migliorare  la  qualità  delle  acque,a  favore  delle  popolazioni  che,  in  assenza  della  normativa  di  protezione,  avrebbero  continuato  a utilizzare  ad  assumere,  presumibilmente  come  le  precedenti  generazioni,  acque  potenzialmente  lesive  per  la  salute.  Su  tali  basi,  il  miglioramento  delle  acque  della  relativa  erogazione  non  poteva  qualificarsi  come  oggetto  di  una  obbligazione  di  immediata  ed  automatica  esecuzione».  Di  fatto,  secondo  il  giudice,  c’è  voluto  del  tempo  per  far  scendere  valori  dell’arsenico.  Infine,  oltre  al  fatto  che  ogni  caso  è  sé  non  si  può  chiedere  un  rimborso  forfettario,  Codacons  non  avrebbe  neanche  spiegato  quale  sarebbe  dovuta  essere  la  tariffa  idrica  giusta  da  applicare.  Risultato:  ricorso  respinto  associazione  dei  consumatori condannata a pagare 4mila euro di spese di giudizio.

 

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